Nessuno è, allo stato, in grado di affermare con certezza se il M5S, e per esso il suo defunto fondatore Gianroberto Casaleggio, abbia davvero ricevuto una valigetta contenente 3,5 milioni di euro proveniente da fondi neri del governo venezuelano, come rivelato dal recente scoop del quotidiano spagnolo ABC.
Dove sarebbe, in ipotesi, lo scandalo? In un finanziamento che – certamente costitutivo di reato, sebbene già prescritto – dimostrerebbe, ove provato, che “la banda degli onesti” è uguale agli altri? O, piuttosto, nell’imbarazzo di un partito oggi al governo che ha ricevuto soldi da un regime sicuramente avverso a Washington?
Il primo interrogativo c’interessa poco. È puro tartufismo disconoscere le ragioni della politica e la necessità di finanziarne l’attività; e l’ipocrisia preferiamo lasciarla agli altri. Anche le inquietudini suscitate dal secondo interrogativo possono essere ridimensionate, ove si pensi che il fatto risalirebbe a dieci anni addietro, quando il M5S ancora galleggiava sui vaffa di Beppe Grillo e non era ancora investito di alcun obbligo di prudenza nei riguardi di Washington.
Quel che è certo, nell’obbiettiva incertezza della vicenda, sono invece le liaisons fra un certo settore dei pentastellati e il chavismo; nel 2015, in occasione della morte di Hugo Chavez, il M5S organizzò alla Camera un convegno, promosso da Di Battista, intitolato “L’alba di una nuova Europa”, dove “Alba” era chiaramente riferito all’organizzazione fondata da Castro e da Chavez agli inizi del 2000 e che comprendeva i Paesi latino-americani di tendenza socialista, di cui Cuba e Venezuela erano i più influenti rappresentanti; schieramento che, da allora, ha comunque subito notevoli regressioni, perdendo Brasile, Ecuador e Bolivia.
È poi storia recente la presa di posizione del governo italiano, in controtendenza con altre nazioni europee, sul non-riconoscimento di Juan Guaidò come presidente legittimo di palazzo Miraflores.
Altri interrogativi vanno dunque posti; e sono concreti, politici e attuali.
Il primo deve partire dalla considerazione della politica sudamericana, che si gioca su terreni molto pericolosi e opachi. Uno di questi è il narcotraffico che vede coinvolti esponenti di rilievo di molti governi e, tra questi, quello venezuelano; se davvero quei soldi fossero transitati, una probabile origine sarebbe da ricercare lì: e questo farebbe davvero schifo. A ciò si aggiunga il controllo, ancora attuale, di Cuba nella politica venezuelana, visto che ne gestisce i servizi segreti e gli organi di sicurezza, succhiandone inoltre il petrolio; e, al netto dei poveri illusi, Cuba rimane una opprimente e squallida dittatura che ha ridotto alla fame il suo popolo.
Fino a che punto è quindi sostenibile, finanziamento o no, una simile posizione da parte dei 5s? Senza contare che, se davvero fosse provato quel versamento, la posizione di politica estera sostenuta dai 5s sfocerebbe in un caso di corruzione internazionale.
Non è questione di stare/non stare con Washington e di coonestarne/contrastarne la politica estera. Si tratta di altro. E qui sta il vero interrogativo che noi ci poniamo. Capire qual è il nostro interesse, anche alla luce dei milioni di Italiani che vivono in quelle regioni e che ci consta abbiano spesso acquisito posizioni di rilievo in quelle società, producendo e creando posti di lavoro e non vivendo di assistenzialismo. E dei quali dovremmo ricominciare ad occuparci, dopo averli per tanto tempo abbandonati, investendo in primo luogo in cultura, aprendo finestre – e sportelli bancari – in un continente alla cui crescita il lavoro e l’intelligenza italiana hanno contribuito in larghissima misura e che ha bisogno di infrastrutture e capacità produttiva, che noi possiamo contribuire a fornire.
Questa sarebbe seria politica estera sudamericana. Non i giochini pericolosi da rivoluzionaretti, che finiranno per sbattere il muso contro una realtà che, ben presto, sfuggirà loro di mano. Aspettare qualche mese per credere.