La storia insegna che le insurrezioni – quelle vere, quelle alla cui base ci sta il profondo malcontento, quel malcontento che coniuga stomaco vuoto, cuore gonfio e smarrimento (etico e morale), insomma quelle insurrezioni lì – un governo quale quello che oggi siede a Palazzo Chigi, distaccato dalla oggettiva realtà del popolo che governa, non le può prevedere, perché troppo interessato a guardarsi allo specchio e a lodarsi.
Le insurrezioni avvengono all’improvviso, proprio mentre i governanti se la cantano e se la suonano da soli. Il discrimine tra le normali proteste, anche violente, e la rivolta con i forconi, è la speranza:
- prima, si spera che si possa più o meno mantenere, previo qualche ulteriore sacrificio, lo stesso status quo economico e sociale;
- poi, si invoca un cambiamento e si spera che questo avvenga;
- al posto del cambiamento vero, quello che migliora oggettivamente la vita del popolo, i governanti cincischiano e propongono falsi scopi (in questo periodo viene proposto l’antifascismo, a fascismo concluso da 75 anni, l’antirazzismo, in un paese che razzista non è, lo pseudo-matrimonio fra omosessuali e relativa adozione di bambini);
- in seguito si sperimenta la delusione;
- infine, si perde la speranza;
- e il popolo minuto, lo stesso che ai tempi di Luigi XVI era formato anche dalla piccola borghesia lavoratrice autonoma, imbraccia i forconi.
Parlo di forconi in maniera figurata: ovviamente, nessuno li imbraccerà, ma non è necessario essere dei profeti per prevedere quello che questo governo infingardo non vede: settembre non ci porterà solo l’autunno, ma estese e imponenti manifestazioni di gente che la disperazione induce a compiere atti violenti come li compirebbe qualsiasi disperato che non riesce a far campare la famiglia e ha accumulato un reiterato senso di mortificazione per le numerose prese in giro patite.
Il popolo i forconi li ha imbracciati contro un Re comunque considerato illuminato e contro un governatore napoleonico che voleva sostituire la statua della Madonna del Montenero (Livorno) con l’albero della libertà. Immaginate se non sarebbe capace di imbracciarli contro un governo infingardo e incapace, così fuori dal mondo da non rendersi conto che quel popolo che governa è disperato, perché tutte le promesse che gli sono state fatte sono andate deluse e tutte le peggiori figure, da quel governo, sono state rimediate, non ultima la passerella ignobile degli Stati Generali. Che, di fatto, per chi ancora non l’avesse capito, hanno esautorato il Parlamento.
Sì, state attenti:
- al montante disagio economico e sociale, destinato ad esplodere quando i lavoratori autonomi e quelli che da loro dipendono avranno perso la speranza;
- alle intemperanze, ormai insopportabili, di una nebulosa di istanze che fanno capo a movimenti filiati da una sinistra che si aggrappa ad anarchici insurrezionalisti, sardine, centri sociali e antifa, e che pretendono di imporre istanze sociali, etiche, economiche ed ecologiche non in sintonia con le oggettive necessità primarie della gente, la quale chiede pane e che, soprattutto in questa situazione di disagio, sono in netto contrasto con l’auditum del popolo, che sempre più si stringe attorno all’unico perno fisso: la tradizione.
Sì, state attenti ministri, viceministri, sottosegretari e ricordate che due anni fa gli italiani con un voto hanno ribaltato un trend elettorale ormai consolidato da tempo, votando da una parte per un partito che proponeva un programma in antitesi al vostro (mi riferisco in particolare alla Lega, additata per essere razzista, xenofoba, omofoba e bigotta), e dall’altra, più per profonda incazzatura che per semplice protesta, per un partito dai connotati rivoluzionari che si chiamava Movimento 5 Stelle, che nell’arco di due anni di governo ha cambiato totalmente la sostanza delle proprie istanze anti-sistema, attaccandosi alla cadrega con il Bostik (forse, a questo punto, quella compagine farebbe bene a cambiare anche nome).
L’incazzatura di coloro i quali, avendo votato 5 Stelle per ribaltare un sistema arterioscleotico, si sono trovati gabbati nella loro voglia di cambiamento, è destinata a saldarsi sia con il malcontento sociale di chi non ha partito ma non ce la fa più a far campare la famiglia (lavoratori autonomi e loro dipendenti), sia con il mondo di destra che propone istanze più a contatto con la realtà del popolo: basta con lo sfruttamento dell’alta finanza sull’uomo; basta con le fesserie tardo sessantottarde per cui la canzone «siamo i watussi, gli altissimi negri» sarebbe intrinsecamente razzista e cattiva.
Cosa farà il governo e la masnada che lo sostiene? Farà la cosa più idiota che possa fare un governo idiota:
- urlerà al pericolo fascista… è da un po’ che si stanno schiarendo la voce;
- convocherà le forze dell’ordine per l’estrema difesa delle istituzioni democratiche. Cosa faranno i gallonati delle Forze dell’Ordine non ci è dato prevedere, ma nessuno ci impedisce di sperare che li mandino a quel paese, anche perché un oggettivo pericolo per la tenuta delle istituzioni democratiche, non c’è. C’è solo gente disperata che non ce la fa a tirare avanti. Spero che i gallonati delle Forze dell’Ordine non vogliano fare come fece quel ribaldo Generale, che risponde al nome di Bava Beccaris, il quale nel 1898 sparò a mitraglia sulla folla di manifestanti che chiedevano l’abolizione della tassa sul macinato;
- indirà una coscrizione volontaria di centri sociali, antifa, anarchici insurrezionalisti, pacifiche sardine e rimasugli degli aficionados dei 5 Stelle e del PD (mesto erede del partito padrino delle classi più deboli, il vecchio e più serio PCI).
Ho paura che presto ne vedremo delle belle, anzi delle brutte.
Se fossi un alto gallonato della Polizia, della G.d F., dei Carabinieri, dell’AISE, non esiterei a mettere sul chi vive il Governo sia sul pericolo che sta correndo adesso, sia sul fatto che nessuno degli uomini in uniforme ha intenzione di rinverdire i fasti infami della repressione dei moti del 1898.