Il cattolicesimo è in profonda crisi. Parlare di Dio non rientra nel politicamente corretto, denunciare con forza e con argomentazioni di ragione la tesi per cui, venuta meno l’idea di Dio, l’uomo è divenuto Dio di se stesso, è visto come una prospettiva conservatrice e tradizionalista propria di quei “profeti di sventura”, come li definiva Papa Giovanni XXIII (pontefice dal 1958 al 1963) nel suo discorso di apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II l’11 ottobre 1962, che vedono nel futuro solo sciagure.
Temo, però, che quei profeti avessero ragione e visto lontano. Riflettiamo: in ogni tema che attiene alla sfera dell’etica si staglia sopra tutto il concetto di persona. Aldo Moro, il Presidente della Democrazia Cristiana, nonché professore universitario di Procedura Penale, rapito dalle Brigate Rosse il 16 marzo 1978 e ucciso il 9 maggio dello stesso anno, nel corso della sua prima lezione presso l’Universitá degli Studi di Bari nel 1941, esordisce: la persona prima di tutto.
Il 17 maggio 2020 il Presidente della Repubblica pro tempore, Sergio Mattarella (già giudice della Corte Costituzionale), in occasione della giornata contro l’omofobia, afferma che ognuno, in base alla Costituzione (art. 2), è chiamato a realizzare la propria personalità, salvo dimenticare che il giudice delle leggi ha declinato in diversi modi il principio personalistico com’è proprio del resto di un Testo fondamentale modulare e fondato sull’ideologia positivistica.
Moro e Mattarella, personalità politiche diverse, ma figli del personalismo contemporaneo. Se si leggono con attenzione le opere di uno dei massimi rappresentanti di questa corrente filosofica, che ha condizionato molto la stessa assise conciliare, Emmanuel Mounier (1905-1950), il concetto di persona non viene mai definito, è anfibologico. Nel suo testo più celebre, intitolato “Il personalismo”, la persona non é “rationalis naturae individua substantia”, secondo la nota definizione di Boezio (475 d.C. – 525 d.C.), ossia una sostanza completa, individuale e capace di ragione, ma un insieme di emozioni, di manifestazioni psicologiche in cui sono centrali i sentimenti, gli stati d’animo, la percezione che il soggetto ha di sé medesimo.
Se si parte da questo assunto, allora la fede non è piú un assenso dell’intelletto alla Verità rivelata, ma diviene un sentimento religioso che scaturisce dalla sub-coscienza. In questa dimensione, che rappresenta una delle ideologie di cui è imbevuto il Concilio “pastorale” che si è celebrato dal 1962 al 1965 nello Stato della Città del Vaticano, tutto diventa esperienza, e quindi soggettivismo.
Pertanto, la Verità di fede è tale nella misura in cui è percepita, o meglio è modellata dall’emozione del soggetto agente. Non è più la Verità che giudica l’esperienza, ma l’esperienza che giudica la Verità. La persona, tanto decantata dal progressismo “cattolico”, è un “quid” fluido e realizza quello che sente.
Non stupiamoci, allora, della teoria gnostica del gender, del tentativo di elevare a famiglia ciò che per natura famiglia non è, punendo contestualmente chi ha un pensiero difforme (disegno di legge di iniziativa parlamentare sull’Omofobia e Transfobia), della spinta verso l’introduzione dell’eutanasia, dopo che la Corte costituzionale, sia pure a certe condizioni, ha dichiarato non punibile il suicidio assistito (sent. n. 242/2019 Corte cost.) e, più in generale, della rinuncia all’esercizio del munus docendi da parte della Chiesa. L’umanesimo è veramente divenuto integrale e assorbente e il suo tentativo di rilettura all’interno del pensiero tomista (Rahner, Metz, Maritain) è una “depravazione del tomismo” stesso, come ebbe a dichiarare il grande teologo Cornelio Fabbro.
Ogni azione etica, in realtà, trova il suo senso all’interno dell’uomo e nega qualsiasi rivelazione esterna che non si adatta alla sua dimensione esperienziale. La Verità è sempre nuova, viene processualmente compresa in chiave dialettica dalla coscienza storica e in divenire del soggetto. Un errore condannato con lucidità dal grande Papa Pio X (Sommo Pontefice dal 1903 al 1914) nella nota Lettera Enciclica “Pascendi Dominici Gregis” del 1907.
Altri tempi, si replicherà … Certo, quelli della “sana dottrina” che un giorno qualcuno “non sopporterà più” (2Tm 4, 1-8).