Se la Boldrini sente l’intima necessità di inginocchiarsi in ricordo del pregiudicato Floyd, ucciso da un agente forse canaglia, sono cavoli esclusivamente suoi e di chi la scimiotta.
Personalmente non ne sento la necessità, perché non mi sento nemmeno lontanamente complice di quel poliziotto e diffido qualsiasi idiota a considerarmi tale per il solo fatto che ritengo essere un gesto da «grandguignol» mettersi in ginocchio per quel fattaccio e impetrare un perdono che non ha ragion d’essere. La realtà, al netto delle sofisticazioni boldriniane, è semplice:
- Floyd era un pregiudicato legittimamente interpellato dalla polizia;
- quel poliziotto ha probabilmente praticato la violenza laddove avrebbe dovuto praticare la forza (se così fosse, spero paghi il fio del suo mortale abuso).
Niente più, tutto il resto è ammuina ideologica di persone in cerca di una pelosa identità culturale.
Qual è la ragione per cui io e il mio prossimo bianco, negro, giallo, mulatto, creolo, norvegese o boscimane, non abbiamo nulla a che fare con quella vittima e quel carnefice? Molto semplice: la responsabilità è individuale da quasi 2000 anni, ossia da quando si è affermata l’etica cattolica, e chi non riconosce questo principio fondamentale è un esponente di quelle funeste ideologie che han seminato il mondo di campi di sterminio e gulag. Per cui Laura Boldrini si alzi, ragioni un attimo (sempre che le sue facoltà cogitatorie non siano irrimediabilmente offuscate dall’ideologia), si renda conto che non può ritenere colpevoli tutti i bianchi perché, se così fosse (magari senza rendersene nemmeno conto) confesserebbe la sua intima propensione al razzismo.
E se vogliamo rimanere su questo registro, allora, signora Boldrini, dovrebbe stare in ginocchio per il resto dei suoi giorni per chiedere scusa ai moderni martiri cristiani, sgozzati come capretti da musulmani sulla cui responsabilità, lei e i suoi scimmiottatori, glissate sempre.
Dovrebbe mettersi in ginocchio per tutti quegli africani catturati da mercanti di schiavi arabo-islamici, che non avevano remore religiose a praticare quel tipo di attività e magari lucrare affari con monsieur François Marie Arouet (Voltaire), un illuminista egualitario che sembra fosse azionario di una compagnia per la compravendita di schiavi (per inciso, la clientela dei mercanti di schiavi era in massima parte protestante).
Dovrebbe mettersi in ginocchio per i «captivi» cristiani catturati dalla pirateria saracena che ha imperversato nel Mediterraneo quasi fino al ‘600 (le dice qualcosa l’opera rossiniana «L’Italiana in Algeri»? Quell’attività schiavista era così nota che ci hanno fatto uno spettacolo).
Dovrebbe mettersi in ginocchio per la giovane bianca uccisa, fatta a pezzi e messa in valigia l’anno scorso da un nigeriano.
Dovrebbe mettersi in ginocchio per la ragazzina bianca romana drogata, stuprata e lasciata morire da un gruppo di africani in un palazzo disabitato del quartiere San Giovanni in Roma.
E dovrebbe mettersi in ginocchio anche per quei tre italiani uccisi a picconate, nel 2013 a Milano, da un africano nero, tale Kabobo, in preda al delirio.
E poi per quelle dottoresse stuprate da «profughi» africani nei pronto soccorso o nelle infermerie dei centri di accoglienza.
Pensi, cara Boldrini, a quanto tempo della sua vita, per essere coerente con quel gesto granguignolesco, dovrebbe starsene in ginocchio.
Non ci faccia ridere, si alzi e vada a guadagnarsi la pagnotta in maniera intellettualmente più onesta.
E se veramente vuole stare in ginocchio, ci stia per qualcosa di più alto della sua visione ideologica della vita: stia in ginocchio per pregare Dio, Gesù, la Vergine Maria, il santo che le sta più a cuore.
Il suo inginocchiarsi e quello dei suoi scimmiottatori è solo un gesto di arida piaggeria.