Lo stato rumeno, in quanto sovrano, si oppone alla cultura gender, al suo insegnamento nelle scuole, che l’Unione Europea vorrebbe imporre agli Stati Membri.
Il popolo rumeno – che chi scrive conosce bene – è un popolo fiero, che non ha dimenticato “Revoluția din decembrie 1989” e si mobilita ogni qualvolta si senta sotto attacco, sia nazionale che internazionale.
Ho visto con i miei occhi, padri, madri, figli, anziani, invalidi, opporsi e protestare in tutto il paese, fino ad ottenere ciò che gli spetta di diritto. Non c’è estate o inverno che possa arginare la volontà di questo popolo, che chiama a sé anche coloro che sono in “Diaspora”, ovvero coloro che vivono in altri paesi, ma che tornano quando la Romania chiama.
Come Ungheria e Polonia, la Dacia – nome imperiale della regione – che ha subito il comunismo nella sua forma vera, aberrante, non intende più sottomettersi al neo-marxismo radical chic che le sinistre europee stanno diffondendo.
I liberal socialisti, assunti a portavoce ufficiali dell’Unione Europea, proclamano la teoria del gender e la fede LGBT come elementi fondanti dell’Unione. Gli stati che non volessero accettare il nuovo dogma dovrebbero andarsene o restare in un’unione insensata, senza accesso ai fondi comunitari.
Il Consiglio Europeo domina, gli stati membri si inginocchiano… Sbagliato! Esistono valori fondanti nazioni e società, pilastri su cui si regge la libertà, che non possono e non devono essere indeboliti.
Stiamo assistendo alla distruzione delle fondamenta della cultura europea, un’erosione sotterranea delle radici identitarie, cominciata in sordina, tempo addietro, che oggi subisce un’accelerazione pericolosa: l’orda grigia, una miscellanea di identità fasulle e falsificatrici, è all’attacco e ha fame. Una colonia di topi divora tutto ciò che trova, ne fa scempio, ne lascia indietro i resti perché siano da monito.
Il popolo rumeno si oppone “all’ideologia tossica e marxista” secondo cui il sesso biologico di un individuo alla nascita non possa essere definito come maschio o femmina, ma possa far parte di un centinaio di varianti decise da uomini e donne che detengono il potere, sulla base dell'”identità di genere” percepita dall’individuo.
Siamo arrivati ad uno scontro filosofico, culturale: soggettivismo contro oggettivismo. Un uomo di grande conoscenza storica e religiosa mi ha chiarito il concetto con una semplicità disarmante: “Questo albero che hai davanti agli occhi è un albero, è oggettivo, non può diventare qualcosa di diverso da ciò che è, soltanto perché tu, soggettivamente, pensi sia altro.”
Come l’albero, la creatura che nasce maschio o femmina, è maschio o femmina, è oggettivo, non può essere altro, per di più scelto fra varianti definite al di fuori della legge naturale.
Mi chiedo: può la creatura sostituirsi al suo creatore, all’intelligenza prima che ha dato inizio all’universo? Siamo all’imposizione della sovversione.
I rumeni, però, non sono gli italiani e non hanno intenzione di piegare la testa o mettersi in ginocchio. La Romania, forte di una Tradizione granitica, non si sottomette. Il popolo non si doma, non si ammaestra, contrariamente a ciò che accade in Italia, dove la Tradizione, che dovrebbe essere più forte e radicata, per la cultura romana e cristiana, è ormai ricchezza per pochi coraggiosi.
Perfino la Chiesa, punto di riferimento per la Nazione, ha perso i suoi valori fondanti. Ingerenze d’ogni sorta stanno smantellando la prima pietra della chiesa di Cristo. La verità fa male ed io, italiano, mi vergogno perché nel mio paese, il gregge bela dietro le tastiere, si esalta sulle pagine social, ma al momento di reagire, lascia la piazza vuota.
Anno dopo anno, i topi hanno roso le radici identitarie e ora l’albero muore, senza più essere nemmeno un albero. In questo ginepraio, una domanda affiora: al ramo di cosa s’impiccò, dopo il tradimento, l’Iscariota?