La decisione della Corte Suprema turca era scontata, solo dei cristiani adulti come ci vantiamo di essere noi, avvezzi a reiterare l’autoillusione che tutti siano scettici e renitenti come, ahimé, siamo diventati noi, potevano (far finta di) crederci… Santa Sophia è ora una moschea, e moschea resterà, “point et c’est tout”…
Bene ha fatto Erdogan il musulmano, fedele come ogni musulmano deve essere. Nulla di scandaloso in tutto ciò, perché è un sentiero imboccato da tempo, da quando noi, sempre più scettici abbiamo messo in cantina le nostre madonne e, in contemporanea, i musulmani, sempre più fedeli, hanno invece innalzato i loro simboli sui quali svetta l’insegna “Allahu Akbar”.
Siccome noi europei diamo alla dimensione spirituale il valore di “zero”, non avevamo fatto caso che Erdogan, in numerosissimi comizi, aveva reiterato sia la definitiva e suprema bontà dell’Islam, sia la sua superiorità sulle altre religioni, sia la volontà di estenderlo all’orbe (ad iniziare dall’Europa), credendo che si trattasse di roboanti frasi ad uso e consumo di folle scettiche come le nostre. Pensavamo che fosse morta lì, ma in realtà quelle folle non sono scettiche come noi, sono folle di fedeli, ed ecco il primo simbolico passo di una marcia, già in atto, che prevede sia la re-islamizzazione della Turchia (ormai già a buon punto), sia la riedizione del Califfato ottomano, sia il Lebensraum islamico (preconizzato dalla Fratellanza Musulmana) in direzione dell’Europa, ove nei Balcani c’è già un consistente sostrato e nel resto del territorio europeo sono incistate comunità islamiche, molte delle quali dedite alla militanza, che godono di una certa liberalità quanto all’applicazione di consuetudini in contrasto con le regole vigenti. Il tutto proprio come ideato e portato avanti dalla setta dei Fratelli Musulmani, alla quale appartiene Erdogan.
E se si conta che la nostra quarta sponda, la Libia, o almeno la parte occidentale di quel paese, è occupata dalle truppe di Ankara, ci vuol poco a immaginare un futuro scenario tipo: “Arrendetevi, siete circondati”. Ma non si arriverà a tanto, perché saremo già stati islamizzati del peggior Islam possibile.
Sì, tale scenario non si realizzerà mai perché non c’è bisogno che si realizzi: siamo già “der gatto”, perché rinunciatari, renitenti, ignavi, illusi, drogati da ideologie moderne che ci tengono immersi in complessi di colpa (per le Crociate, lo schiavismo, il capitalismo, il colonialismo, la nera leggenda di un nero, inesistente, cattolicesimo, dedito solo a bruciare eretici e perseguitare infedeli) e, conseguentemente, di inferiorità, che non hanno ragion d’essere.
Già dagli inizi di giugno si sapeva cosa bolliva in pentola circa la Basilica di Santa Sophia, ma tutti facevano melina, un po’ perché alla maggior parte dei nostri politici (specie quelli di sinistra, i quali possono godere della grancassa dei mezzi di comunicazione) non frega niente dello spirito, un po’ perché anche a destra sullo spirito ci sono idee confuse, tra panteismo massonico, esoterismo e dottrine orientali, e molto perché la chiesa di Bergoglio in testa ha abbandonato il campo di battaglia, proprio come fecero i nobili scozzesi nel film Braveheart.
Come andrà a finire la vicenda della ormai ex Basilica di Santa Sophia e ora moschea di chissà chi? Vedremo che nome gli verrà dato e vedremo se diventerà luogo esclusivo di culto islamico, oppure sarà aperta anche come museo. Ma è una questione marginale, il dato di fatto adesso è che Erdogan ha affermato il suo ruolo di leader panislamico.
Attenzione: non è una sfumatura da nulla: Erdogan ha ottenuto che l’Alta Corte di Giustizia sancisca che la decisione di Ataturk di destinare la Basilica di Santa Sophia a luogo museale impedendovi il culto ad Allah era illegale. Ed ecco capannelli di islamisti turchi che, appena udita la sanzione dell’Alta Corte, si sono riuniti davanti alla ex Basilica all’urlo inequivocabile di “Allahu Akbar“. Anche questo, per chi bazzica il mondo arabo-islamico e ne ha un minimo di conoscenza, non è una sfumatura da nulla: “Allahu Akbar” non è un uno slogan come quelli a cui siamo avvezzi noi, che si dissolvono dopo la manifestazione in cui è stato urlato. “Allahu Akbar” è un grido di guerra, una dichiarazione d’intenti permanente.
La basilica di Santa Sophia, ormai ex, è una conquista dell’Islam militante, una conquista iniziata sotto traccia quando, già nel 2016, nell’indifferenza di un’Europa anestetizzata nei vani pensieri e di una Chiesa Romana ignava e renitente, intenta solo a vestire gli indegni panni di una ONG, si fece finta di nulla quando, dai minareti della Basilica, risuonò lo Adhan (l’appello alla preghiera islamica), in occasione della “notte del destino” sul finire del Ramadan.
Assente la Chiesa bergogliana (il Papa ha fatto una banalissima dichiarazione di dolore all’Angelus di domenica e niente più), a sostenere il non licet dell’UNESCO, nell’indifferenza di un mondo anestetizzato, ci sono stati solo la Chiesa Ortodossa, la Russia, Trump, la Grecia e Cipro. Un po’ poco come reazione ad un palese atto di tracotanza, che conferma un punto fermo della politica estera del fratello musulmano Erdogan: l’egemonia religiosa in seno ad un mondo arabo-islamico travagliato.
Ci vuol poco a prevedere che nella Basilica di Santa Sophia, una volta diventata moschea, giocoforza verrà subito oscurata l’immagine del Cristo (forse sarà nascosta da una tenda) e chissà se poi quel sacro mosaico che ha tenuto a battesimo il simbolo per eccellenza del cristianesimo, il Credo, non verrà del tutto smantellato assieme ad altre effigie a noi sacre, ma da loro considerate blasfeme.
Ci vuol poco a capire che, dopo la “conquista” di Santa Sophia, Erdogan avrà la strada spianata per ergersi a protettore di Al Qods, a Gerusalemme.
Papa Bergoglio: troppo poco dirsi addolorato, e troppo tardi… il suo predecessore a Ratisbona aveva parlato secondo verità, quella verità da lei trascurata, forse perché politicamente scorretta.