In un tempo in cui la virilità si esprime tutta e soltanto in palestra, con muscoli gonfiati dagli anabolizzanti nello sforzo immane di sedurre donne più accessibili di un’acquasantiera, in un tempo in cui i padri “hanno fiducia nella giustizia” ed omettono di vendicare le figlie stuprate, in un tempo in cui i maschi maneggiano i coltelli solo per spezzare i polli; in un tempo così, non sorprenda il fatto che anche i santi siano stati svirilizzati e che, nell’immaginazione di molti, siano diventati solo quiete figurine da sagrestia.
Sappiate però che i santi, oltre che le sagrestie, amano il fronte e la trincea. I santi sono uomini di guerra: sulla terra l’hanno combattuta spesso e non solo contro se stessi, contro il peccato e contro il demonio.
San Marco d’Aviano, soggetto per il quale il colloquio con i musulmani era da iniziarsi a sciabolate e da gestire a cannonate, è colui grazie al quale i turchi furono fermati davanti a Vienna.
La storia la conoscete tutti e non mi dilungo, ma interessante è notare che il suo sermone alle truppe cristiane, che di lì a poco avrebbero sconfitto i turchi, non è un piagnisteo, ma una gagliarda preghiera a Dio, una virile richiesta di aiuto, una onesta ammissione delle proprie colpe.
I turchi non sono né fratelli né migranti, ma “nemici, cani, lupi, infedeli”; la pace che invoca il santo non è quella dei pacifisti!
Lui desidera solo essere in pace con Dio, ma la guerra, sottolinea, non l’ha voluta!
Chiede la vittoria, il santo, mica il dialogo e la chiede sperando nei meriti del sangue di Cristo!
Anche ai giorni nostri i santi, i monaci, i veri cristiani sono al fronte, da morti e da vivi!
Un mistico confida al vescovo di Morfu di aver visto, non molti mesi fa, padre Paisios, defunto nel 1994, oggi santo, ai confini tra Grecia e Turchia. Sono belli i particolari del racconto: era tutto sudato e correva.
Gli zelanti giornalisti di regime omettono (come da contratto!), ma la Grecia, governata da ignobili traditori, ha ceduto 9 kilometri quadrati del suo territorio ai turchi, proprio al confine di Evros.
Il segno dato da Padre Paisios su come dovrebbero rispondere i greci all’ennesima provocazione turca, è chiaro, ma i greci, come gli italiani, si sono abbrutiti nella viltà che impedisce di usare la violenza anche quando questa sarebbe buona, giusta e risolutiva.
Non solo i corrotti politici greci, ma anche la corrottissima Europa accetta senza fiatare l’occupazione di Cipro ed il costante stato di terrore nel quale sono costretti a vivere i ciprioti.
Ed è proprio a Cipro che, nel 1974, ha operato un altro uomo di Chiesa, Padre Porfirios.
La storia è semplice e strabiliante: i radar dei greci, durante l’occupazione, vengono messi fuori uso dagli statunitensi, ragion per cui gli aerei greci finiscono spesso in Egitto.
Un generale, figlio spirituale del Padre, gli chiede aiuto ed il Padre, ben ispirato dallo Spirito Santo (che evidentemente non lavora sotto le insegne del pacifismo universale), diventa il radar della Grecia: sa sempre, inspiegabilmente, dove si trovano i turchi, dove è meglio bombardare, come ci si deve muovere.
I turchi, proprio e solo grazie al monaco, non avanzano di un centimetro e rimangono fermi al 3% di territorio conquistato. Saranno i già citati politici greci, infami come pochi altri al mondo, a tradire e ad accordarsi con i nemici perché quel 3% diventi 30.
Ne rispondono a Dio e probabilmente pure a Padre Porfirios: con nessuno dei due, mi pare evidente, c’è da scherzare!