Ho letto con interesse e ho molto apprezzato l’articolo Pillole di Bushido, un’analisi del codice dei samurai. I «Bushi», i guerrieri per eccellenza, giapponesi, che praticavano la via, il «do» di quel guerriero che, purtroppo, sembra aver disertato (che brutto termine per un guerriero) sia il moderno campo di battaglia, sia il proelio quotidiano dell’uomo moderno.

Mi vien da dire: «È la modernità, bellezza!», e in parte è vero, ma solo in parte però, perché – malgrado un mainstream che ha in odio la guerra e gli uomini di guerra, e in generale tutte la battaglie che non siano solo ed esclusivamente combattute a suon di banali parole – anche in epoca contemporanea esistono guerrieri in armi, oppure in saio o abito talare, ma anche in abiti borghesi questi ultimi rispondendo alla cristiana «comunione dei santi» – che praticano il coraggio, l’onestà (specie quella intellettuale), la giustizia, la compassione, la gentile cortesia, la sincerità, l’onore, il dovere e la lealtà.

Ne ho conosciuti di quei guerrieri, alcuni erano e sono miei commilitoni, altri erano e sono quei preti che in “terram infidelium” non avevano remore a testimoniare il Vangelo e che tanto hanno contribuito al risveglio dell’avita fede che mi era stata imposta col battesimo; altri li ho visti nelle piazze italiane a sopportare improperi, financo aggressioni, perché “Sentinelle in Piedi” a far la guardia alla verità aggredita da vocianti orchetti che volevano e vogliono ucciderla, dicendo che l’uomo non è uomo e la donna non è donna, e che una coppia di pederasti o di lesbiche ha il diritto di figliare (ovviamente a botte di uteri in affitto, di spermatozoi e ovuli congelati e di bambini orfani a priori perché, scaduto il tempo di affitto – 9 mesi – vengono strappati dal grembo materno e ceduti a chi ha la fregola di diventare a tutti i costi genitore). Anche se non è precisamente questo l’argomentare, è comunque una nobile battaglia quella combattuta con coraggio dalle “Sentinelle in Piedi”, una battaglia che è doveroso menzionare ed alla quale deve essere reso onore.

Ritornando al tema del guerriero, occorre riconoscere che non è facile oggi dare una definizione di questa figura. Giovanni dalle Bande Nere era un guerriero, Napoleone no.

Quanto al “Bushi-do”: è degno codice d’onore di uomini di fede, che praticano il coraggio, la sincerità, la lealtà e, direi, “la temperanza, la fortezza, la prudenza, la giustizia”, in due parole: le Virtù cardinali. Proprio come le praticava la Cavalleria medievale il cui Codice recitava:

  • un Cavaliere è devoto al valore;
  • il suo cuore conosce solo la virtù;
  • la sua spada difende i bisognosi;
  • la sua forza sostiene i deboli;
  • le sue parole dicono solo verità;
  • la sua ira si abbatte sui malvagi.

Questo programma generale, meno esotico e più nostrano, è una sorta di “Charta” che trova il suo sviluppo nei seguenti titoli, ognuno dei quali specifica più compiutamente il comportamento che il Cavaliere è chiamato ad onorare nel suo servizio, nel suo parlare, nella pratica della carità, nell’integrità morale, nel rapporto con il gentil sesso, in combattimento.

Eccoli:

  • lo “officium”,
  • i “verba”,
  • la “caritas”,
  • la “integritas”,
  • le “puellae”,
  • la “pugna”.

I migliori riferimenti per rimanere sulla strada dell’onore e della civiltà li troviamo anche in casa nostra. Nulla abbiamo, infatti, da invidiare o da imparare dagli altri. Il «mos maiorum» e la «pietas» sono nati nell’Italia romana e lo spirito della cavalleria si è sviluppato nella Christianitas.

L’etica e la deontologia del Cavaliere trovano il loro compimento in epoca contemporanea nel “Decalogo della Decima” e nel “codice d’onore” di questo eroico reparto, considerato l’unico invitto durante la Seconda Guerra Mondiale il cui Comandante, Junio Valerio Borghese[1], era effettivamente un guerriero, un Cavaliere, un “Bushi”.

Il Decalogo della X

  1. Dio – Patria – Famiglia siano i principi della tua esistenza.
  2. Se dai la tua parola, sia essa come Vangelo. Non accettare compromessi e non sarai compromesso.
  3. Difendi la Patria contro qualsiasi invasore. I suoi confini sono intangibili e per essi lotta fino all’estremo sacrificio.
  4. In pace o in guerra sii leale, onesto e laborioso per sentirti fiero di essere italiano.
  5. Rispetta te stesso – Rispetta gli altri – Sarai rispettato.
  6. Non mancare di parola e non tradire. Non assalire alle spalle: morte e nemico si guardano in faccia.
  7. La disciplina ti sia di guida: saper ubbidire è saper comandare.
  8. La tua parola vola, il tuo esempio trascina.
  9. Il tuo pensiero, la tua azione, la tua volontà siano coerenti alla difesa della dignità e dell’onore della Patria.
  10. L’appartenenza alla DECIMA sia con fierezza il tuo orgoglio.

Il Codice d’onore della X

  • Stai zitto: È indispensabile mantenere il segreto anche nei minimi particolari e con chiunque, anche con gli amici e parenti cari. Ogni indiscrezione è un tradimento perché compromette la nostra opera e può costare la vita a molti dei nostri compagni.
  • Sii serio e modesto: Hai promesso di comportarti da Ardito. Ti abbiamo creduto. Basta così. È inutile far mostra della tua decisione con parenti, amici, superiori e compagni. Non si fa, di una promessa così bella, lo sgabello per la tua vanità personale. Solo i fatti parleranno.
  • Non sollecitare ricompense: La più bella ricompensa è la coscienza di aver portato a termine la missione che ci è affidata. Le medaglie, gli elogi, gli onori rendono fieri chi li riceve per lo spontaneo riconoscimento di chi giudica, non chi li sollecita o li mendica.
  • Sii disciplinato: Prima del coraggio e dell’abilità ti è richiesta la disciplina più profondamente sentita: dello spirito e del corpo. Se non saluti, se non sei educato, se non obbedisci nelle piccole cose di ogni giorno, se il servizio di caserma ti pesa e ti sembra indegno di te, se non sai adattarti a mangiare male e dormire peggio: non fai per noi.
  • Non aver fretta di operare, non raccontare a tutti che non vedi l’ora di partire: Potrai operare solo quando il tuo cuore, il tuo cervello e il tuo corpo saranno pronti. Se sei impaziente, non sei pronto. Devi imparare a conoscere perfettamente la tua arma e ad impiegarla in ogni contingenza in maniera perfetta. L’addestramento non è mai eccessivo. Devi appassionarti ad esso. Devi migliorarti ogni giorno. Solo chi ti comanda è giudice insindacabile delle tue possibilità.
  • Devi avere il coraggio dei forti, non quello dei disperati: Ti sarà richiesto uno sforzo enorme, solo al di là del quale sta il successo. Per compierlo, hai bisogno di tutte le tue energie fisiche e morali. La tua determinazione di riuscire ad ogni costo deve perciò nascere dal profondo del tuo cuore, espressione purissima del tuo amore per la Patria, e non deve essere il gesto di un disperato, di un mancato o di un disilluso. La tua vita militare e privata deve essere perciò onesta, semplice e serena.
  • La tua vita è preziosa. Ma l’obiettivo è di più prezioso: Devi ricordartelo nel momento dell’azione. Ripetilo a te stesso cento volte al giorno e giura che non fallirai la prova.
  • Non dare informazioni al nemico: Non devi far catturare le armi ed il materiale a te affidato. Se dopo aver operato cadi prigioniero, ricordati che al nemico devi comunicare solo le tue generalità e il tuo grado.
  • Se prigioniero, sii sempre fiero di essere italiano, sii dignitoso: Non ostentare la tua appartenenza ai Mezzi d’Assalto. Cerca, nelle tue lettere ai familiari, di comunicare come meglio potrai e saprai, tutto quanto conosci dell’azione a cui hai partecipato e sul nemico in genere. Cerca sempre, se possibile, di fuggire. Se cadrai mille altri ti seguiranno; da gregario diventerai un capo, una guida, un esempio.

[1] Riporto, in maniera approssimativa, un aneddoto riguardante l’importanza dell’onore per un guerriero: un giorno, mentre usciva dalla mensa, il Comandante Borghese si sentì dire da un giovane ufficiale «Vinceremo, Comandante». Al che, il Comandante si fermò e rivolgendosi a tutti gli astanti disse: «Si sappia che la guerra è persa ormai, ma noi stiamo combattendo per qualcosa di più alto, per l’onore d’Italia». Quando si dice l’onore della sconfitta: un pugno di uomini ha riscattato l’onore delle armi italiane in quel periodo disonorato dal tradimento dell’8 settembre.

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