Il Consiglio di Stato, organo di rilievo costituzionale che ha sede a Roma presso Palazzo Spada, con decreto del 31 luglio 2020, n. 4574 sez. III (Pres. Frattini), ha sospeso in via cautelare la sentenza del T.A.R. per il Lazio la quale, com’è noto, aveva consentito (a seguito di ricorso giurisdizionale della Fondazione Einaudi) la possibilità di accedere ai verbali del Comitato tecnico-scientifico sulla cui base sono state adottate le discutibili misure emergenziali contenute nei noti decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (i DPCM).
Il decreto ha precisato come la normativa emergenziale e i relativi atti endoprocedimentali sono caratterizzati da una unicità nel panorama giuridico italiano tale da rendere difficile l’applicazione delle categorie tradizionali degli “atti amministrativi generali” o delle “ordinanze contingibili ed urgenti”.
In ragione di questo, ha aggiunto il Consiglio di Stato, è facoltà dell’Amministrazione statale valutare l’ostensibilità, qualora la stessa lo ritenga opportuno, alla fine dello stato di emergenza.
Una decisione politica vergognosa e priva di qualunque solida argomentazione giuridica. In primo luogo, il decreto 31 luglio 2020, n. 4574 sez. III, parte da un presupposto tutto da dimostrare: l’unicità dei provvedimenti contenenti la disciplina emergenziale. Quello che è “unico” non è la forma degli atti (decreti-legge e relativi DPCM di attuazione), ma le modalità di utilizzo degli stessi da parte del Governo e del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore. Anzi, la “unicità” di cui parla il decreto n. 4574/2020 presenta semmai profili di illegittimità costituzionale, dal momento che un decreto-legge deve sempre contenere misure di “immediata applicabilità”. Queste, pur non costituendo un parametro di costituzionalità a sé stante, sono considerate incluse nella ratio dell’art. 77, comma 2, della Costituzione vigente (sent. n. 22/2012 Corte cost.).
In secondo luogo, mai come in una situazione quale quella vissuta e dalla quale non siamo ancora usciti l’operato della Pubblica Amministrazione deve essere improntato al criterio di buon andamento ex art. 97 del Testo fondamentale.
Ora, non essendo i verbali coperti da segreto di stato, le argomentazioni del giudice amministrativo di I grado (il T.A.R. per il Lazio) restano assolutamente condivisibili. Il Governo retto dai “democratici”, dai fautori della “democrazia diretta” e da coloro che esaltano la “resistenza” quale fenomeno di ritorno alla libertà (quale e su quale fondamento?) sono i primi ad aver fatto a pezzi lo Stato di Diritto. A ciò si aggiunga il discutibile silenzio del Presidente della Repubblica pro tempore, Sergio Mattarella, che ha assecondato ogni atto di questo Esecutivo anche quando ha compresso alcuni diritti costituzionalmente tutelati senza garantirne la loro minima operatività (sent. n. 67/1990 Corte cost.)..