Sull’accoltellamento avvenuto a Parigi lo scorso venerdì 25 settembre, nelle vicinanze della ex sede di Charlie Hebdo, il ministro dell’interno francese ha affermato trattarsi di un atto ascrivibile al jihadismo e ha ammesso che si sarebbe potuto fare di più per proteggere quel luogo.
Ormai, sulla questione jihad, siamo alla cosiddetta «aria fritta»:
- è troppo facile e banale, ma anche fuorviante, dire che un accoltellamento di quel tipo, perpetrato da un musulmano in quel preciso momento e in quel luogo, ai danni di due francesi, sia un atto jihadista;
- ed è altrettanto facile, banale e fuorviante dire che si sarebbe anche potuto proteggere meglio quel luogo.
Di musulmani militanti la Francia ne è piena e ognuno di loro è un potenziale jihadista.
Di luoghi ove un islamico militante potrebbe accoltellare qualcuno, in Francia (ma anche in Italia, in Germania, in Belgio) ce ne sono a iosa. Che fai? Schieri i blindati e controlli tutti quelli che passano per quella strada? Inutile, l’accoltellatore riuscirebbe lo stesso ad accoltellare qualcuno.
Quelle del ministro dell’interno francese sono dichiarazioni che avrebbe potuto pronunciare un qualsiasi ministro dell’interno europeo, chiamato a rispondere ad un episodio simile sul quale, in realtà, non ha nulla da dire, salvo ammettere che cade dal pero, come continuerà a cadere ogni volta che il jihadismo, più o meno strutturato, colpirà l’Europa: dichiarazioni utili solo ad imbrogliare le carte.
È evidente che gli accoltellatori non appartengono a nessuna sigla jihadista come AQMI, ISIS/DAIISH, ANSAR o altro, sono solo una sorta di “lupi solitari” come tanti, complici “spintanei” o spontanei dello spirito jihadista che alberga nelle comunità islamiste incistate in Europa, riconducibili all’attivismo della Fratellanza musulmana, che riempiono la testa di odio di tanti musulmani senza arte né parte giunti da noi, e che aspirano ad essere accettati quanto meno in quelle comunità di confratelli nella fede.
Inutile schierare blindati e incrementare controlli se le frontiere rimangono aperte a quel tipo di immigrazione e se lasciamo che la da’wa (predicazione mirata al reclutamento) della Fratellanza musulmana condizioni le comunità islamiche.
Questo tipo di azioni sono strumentali ad una più ampia strategia, finalizzata a tenere sulla corda noi pavidi europei:
- manifesta presenza di comunità con usi e costumi spesso in contrasto con le norme vigenti;
- alternanza di tracotanti richieste di autonomia e di ingannevoli richiami alla convivenza pacifica (takiya, o dissimulazione);
- predicazione attiva (da’wa) mirata al reclutamento di potenziali jihadisti in seno alla comunità;
- agevolazione di limitate azioni jihadiste (come gli accoltellamenti occorsi in Francia, GB, Germania e Belgio), facilmente sconfessabili dalle comunità, ma strumentali a tenere sulla corda i disorientati europei, in attesa di una ben più ampia azione proveniente dal jihadismo internazionale.
ll pericolo non è dato da quei debuttanti artigiani del jihad che compiono attacchi con uso di mannaie, ma è dato da una situazione in cui sussistono numerose comunità islamiche militanti, sulle quali imperversa un’organizzazione estremista come la Fratellanza musulmana, che persegue l’estensione della shari’a all’orbe.