Tra le tante notizie di azioni anticristiane portate a termine nel mondo in questa epoca, un interesse particolare lo rivestono le devastazioni delle chiese cilene, prese d’assalto dall’estrema sinistra marxista, da sempre particolarmente aggressiva e litigiosa, persino al suo interno.
Certo, le chiese, al confronto di quelle che vanno “misteriosamente” a fuoco in Francia, sono meno numerose. Al confronto delle persecuzioni anticristiane ad opera di islamisti in Siria o dell’aggressione azera contro gli armeni, le azioni della sinistra cilena sembrano essere meno gravi. Ma proprio questo, insieme alla memoria corta e manipolata dei media occidentali, impedisce di notare la peculiarità storica di questo fenomeno del quale il clero stesso è corresponsabile, almeno nelle sue alte gerarchie storiche.
Tanto per cominciare: perché meravigliarsi? La sinistra cilena è sempre stata favorevole all’uso della violenza fin dai tempi di Allende (presidente del Cile dal novembre del 1970 al settembre del 1973), passando per gli anni del Regimen Militar di Augusto Pinochet (presidente del Cile dal dicembre del 1974 al marzo del 1990). Se il Cile non completò la sua trasformazione in uno Stato comunista prima, e se le sinistre armate non riuscirono neppure a incendiarlo con una guerra civile di massa poi, fu grazie al golpe militare guidato dal Generale Pinochet e al suo regime. Tutta l’ipocrisia progressista e radicalchic non può nascondere che senza la repressione – anche dura e decisa, sia inteso – di Pinochet, le sinistre avrebbero trascinato il Cile in una guerra civile, in un bagno di sangue e in un regime di “socialismo reale” grigio e fallimentare, come quelli che abbiamo conosciuto in Europa orientale.
Chi ha un po’ di memoria ricorderà le condanne morali contro Pinochet e il suo regime, la presentazione degli eventi a dir poco faziosa: guerriglieri e terroristi rossi sempre presentati come vittime indifese; militari e militanti della destra radicale assassinati, puntualmente ignorati dai media internazionali. In questa operazione gli organi di informazione italiani giocarono, sia detto per inciso, un ruolo di primo piano.
Ma la mistificazione della realtà storica non si limitava a questo. Si dimentica sistematicamente che Pinochet ha costruito la migliore economia dell’America Latina (seppure con errori di percorso che dovettero essere corretti di volta in volta). Si tace sul fatto che Pinochet, vietando totalmente l’aborto, aveva favorito una ripresa demografica del Cile rendendolo più giovane e dinamico; si sorvola sul fatto che, al contrario di altri paesi latinoamericani, in Cile la produzione di droga era stata stroncata senza incertezze; che interi quartieri sottoproletari furono ristrutturati per renderli vivibili (con lo scopo dichiarato di prevenire il crimine e rendere il comunismo non appetibile per i lavoratori) e che il progetto di Pinochet contemplava una graduale trasformazione in senso “corporativo”, con una rappresentanza effettiva dei corpi intermedi nello Stato. Il Cile uscito dagli anni del Regime Militare con una società stabile, una macchina militare superiore a qualunque vicino, una economia forte e in ascesa, ha avuto modo di vivere di rendita per molti anni anche dopo Pinochet. Solo la successiva e lunga gestione “democratica” gradita alla comunità internazionale, ha generato nuovi problemi sociali che ora stanno emergendo con prepotenza.
E le chiese che bruciano, in tutto questo, cosa c’entrano? Le gerarchie rispondono con banalità disarmanti: sono addolorate; disapprovano la violenza; le devastazioni delle chiese sono ingiustificabili, dicono. Che profondità di analisi storica e sociale, viene da dire! Non una parola di autocritica sulla posizione del clero a favore di queste stesse sinistre nei decenni passati! Hanno coccolato le serpi che ora li mordono: cosa si aspettavano? Le chiese cilene devastate e bruciate sono emblematiche non solo dell’odio anticristiano dei nemici di Dio, ma anche della tolleranza, della mollezza, dell’ignavia del clero!
Forse il clero cileno invece delle solite banalità, dovrebbe fare un’altra autocritica. Ci ricordiamo quando dicevano che cattolici e marxisti possono convivere tranquillamente in Cile? Ci ricordiamo quando insistevano per “il ritorno alla democrazia” che aveva precedentemente portato il Cile sul baratro del disastro? Ci ricordiamo quando il cattivone era solo Pinochet, che reprimeva i gruppi armati marxisti, vietava l’aborto, stroncava tutta la produzione di droga (i narcos preferirono la Colombia democratica), poneva le basi per la prima economia del Sudamerica e cercava di introdurre strutture “corporative” per la rappresentanza dei corpi intermedi, secondo la dottrina sociale della Chiesa? Ma era di moda essere dalla parte della sinistra. La destra e i militari erano impresentabili e colpevoli a prescindere. Il clero si è adeguato a questo antifascismo di comodo, lo ha avvallato e oggi ne raccoglie i frutti: chi semina vento raccoglie tempesta.