La grande e travolgente manifestazione nazionalista dell’11 Novembre a Varsavia che si svolge ogni anno, segna una tappa importante nella lotta di liberazione dell’Europa. Il numero imponente dei partecipanti, che cresce anno dopo anno, è una fonte di incoraggiamento e di entusiasmo per tutti i militanti nazionali europei. Dopo anni di lotta dura e perseverante, i patrioti polacchi sono riusciti a ottenere diversi risultati: hanno una loro presenza in Parlamento, fanno pressione sul governo inducendolo o costringendolo ad adottare politiche nazionali, cattoliche e prolife e controbilanciando le opposte pressioni mondialiste, hanno portato intere città e provincie a dichiararsi ufficialmente “Lgbt-free” rigettando la propaganda gender internazionale, hanno recentemente difeso fisicamente le chiese dagli attacchi delle sinistre e ora, con l’ultima grande Marcia dell’indipendenza nazionale, hanno ribadito la totale superiorità dei patrioti nella militanza di piazza rispetto alle sinistre.
Ma accanto a questi dati, che sono indubbiamente i più appariscenti, ci sono diverse lezioni che abbiamo il dovere di imparare e ricordare in futuro anche in Italia. Lezioni che valgono per i nazionalisti, per i cattolici, per tutti i nostri connazionali in buona fede.
1) ORGANIZZAZIONE E DISCIPLINA. Gestire 100-150.000 persone per ore, nella città principale del Paese e lungo un percorso sul quale non mancano le provocazioni da parte di polizia, antifa e abortisti, non è facile. La soluzione è elevare la qualità della disciplina che si ottiene solo con l’esperienza sul campo: ogni azione di piazza deve divenire una lezione da studiare e un allenamento per l’occasione successiva. Teniamo presente che la Marcia dell’indipendenza nazionale, infatti, non è che il culmine di una serie incessante e capillare di azioni militanti sul territorio che si svolgono lungo tutto l’anno. La vecchia massima “il controllo delle strade è la chiave del potere” è applicata in pieno dai patrioti polacchi.
2) NAZIONALISMO E CRISTIANESIMO. In una passata edizione della manifestazione, mentre decine di migliaia di patrioti ascoltavano gli oratori sul palco, alcune migliaia di giovani militanti erano coinvolti in scontri con la polizia all’interno della quale, evidentemente, sopravvivono forse spezzoni e mentalità ereditati dal vecchio regime comunista. Gli italiani presenti notavano la calma di un camerata polacco a dispetto delle provocazioni degli agenti e dei violenti disordini, ricevendo come risposta un tranquillo “Sono cresciuto a Danzica sotto il comunismo. Tutte le domeniche all’uscita della Messa era così: ci scontravamo con la polizia”. Contro i fatti non valgono gli argomenti teorici: i militanti polacchi (e non solo loro) in questi anni hanno dimostrato come Cristianesimo e Nazionalismo siano non solo conciliabili ma possano fondersi in un movimento militante rivoluzionario di popolo in grado di determinare gli eventi storici in modo sostanziale. La marcia degli anni passati ha visto spesso i manifestanti scontrarsi con la polizia, fino a che il Governo si è visto costretto non solo a tollerarla, ma a recepirne il messaggio cristiano e patriottico: è grazie anche a questa militanza di massa che la Polonia nel 2016 ha “intronizzato” Cristo come Re della Nazione e ha ripetutamente rifiutato di aprire le frontiere agli immigrati musulmani, o comunque non europei. Quest’anno il governo, sottoposto a forti pressioni tanto internazionali quanto interne da parte dei gruppi abortisti e omosessualisti sostenuti dai poteri mondialisti, è ritornato a contrastare la gigantesca manifestazione con metodi brutali – decine i feriti tra dimostranti, poliziotti e giornalisti, centinaia i fermati come ai tempi del regime comunista – senza peraltro riuscire a impedire che si svolgesse come previsto. Una dimostrazione di vitalità impressionante.
3) CRISTIANESIMO MILITANTE CONTRO L’IMMIGRAZIONE. Ma la militanza esemplare dei camerati polacchi non smentisce solo certi neopagani e iperlaicisti incancreniti nell’anticattolicesimo. Smaschera anche l’ignavia, la codardia, la paura di essere bollati come “razzisti” e “omofobi”, la pigrizia fisica e mentale di certi cattolici italiani che vivono la loro fede come un fatto puramente personale o ideale, senza militanza politica che non sia lamentela o analisi fine a se stessa, oppure ancora partecipazione di singoli alle attività di partiti più o meno liberali (e comunque sempre moderati). I cattolici polacchi marciano nelle strade, fanno militanza, non temono le scomuniche mediatiche e neppure la disapprovazione di certe gerarchie vaticane attuali, non attendono di essere invasi per autocommiserarsi, ma anticipano gli eventi per fermare la propaganda omosessualista e l’invasione anti-europea immediatamente ben prima che si presentino alle loro frontiere. “Muhammad non sei il benvenuto”, è stato uno dei messaggi della manifestazione negli anni passati. Quest’anno, l’immagine era quella di un guerriero cristiano che con la spada frantuma la stella a cinque punte: non più rossa, ma arcobaleno. Nelle settimane precedenti, le aggressioni di stampo abortista da parte di gay, femministe e antifa contro le chiese e i monumenti religiosi hanno portato i militanti nazionalisti a proteggere fisicamente i templi, avviando la costituzione di gruppi cattolici autorganizzati di difesa.
4) NAZIONALISMO E PANEUROPEISMO. Organizzatori e partecipanti sottolineano che questa manifestazione, puntualmente descritta come ultranazionalista, è tanto polacca quanto europea. Camerati da svariati paesi hanno partecipato per anni insieme a questa manifestazione nazionalista, che incarna il vero spirito europeo, e marciando fianco a fianco si sono superate vecchie tensioni irredentistiche e piccolo-nazionalistiche per approdare alla consapevolezza che l’Europa come Fede, Sangue, Terra, Civiltà è UNA, seppure nella pluralità di nazioni, lingue e culture. Di fronte all’invasione, alla occupazione mondialista, alla devastazione del costume sessuale, tutti insieme vinceremo o periremo.
5) DALL’ANTICOMUNISMO ALL’ANTICAPITALISMO. Anche dal punto di vista propriamente ideologico o dottrinale i camerati polacchi, partiti da una lunga e gloriosa storia di anticomunismo, sono coerentemente approdati all’anticapitalismo e all’antiliberismo e, oggi, anche alla resistenza contro l’offensiva gender-omosessualista e abortista. A differenza dell’Italia, dove non si va oltre a qualche giusta ma sporadica reazione, in Polonia interi comuni e addirittura province si sono proclamati “Lgbt free”, sovranamente indifferenti alle minacce e alle pressioni della comunità europea. L’azione militante, radicale ma portata avanti sempre con notevole ordine e Stile persino nello scontro con gli avversari, è stata premiata anche a livello elettorale: la Confederazione che raggruppa gran parte della Destra Radicale ha sfiorato il 7%, creando una sana opposizione parlamentare al governo. Di nuovo, i camerati polacchi sono di lezione per quelli che anche in Italia vorrebbero ridurre tutto all’avversione per il comunismo, scordando come questo sia solo un elemento della sovversione mondialista e ormai neppure il più importante.
Nel complesso, tutti i risultati ottenuti in anni di militanza dai camerati polacchi – la crescita numerica, qualitativa e organizzativa, la conseguente proiezione di influenza sulla società e sulle istituzioni, la felice sintesi tra la dimensione religiosa e quella patriottica, il solidarismo europeo, la maturazione culturale e dottrinale e, infine, il profondo cameratismo vissuto insieme ai fratelli di altre nazioni, sono tutti frutti di una antica civiltà mai dimenticata e fondata sul Cristianesimo, sull’Ordine naturale, sulla Volontà di lotta. I tiepidi, i timorosi, gli eterni attendisti, i laicisti polemici, ancora presenti purtroppo in certi settori della “destra” italiana, farebbero bene a studiarsi meglio la “lezione polacca”.