La sostanziale vittoria della Turchia e del suo Stato satellite, l’Azerbaijan, è solo l’ultimo di una lunga serie di successi della politica neo Ottomana di Erdogan e ci impone una riflessione.
La Turchia è un esempio di sovranismo vincente nell’epoca della globalizzazione: una nazione economicamente più debole dei maggiori attori geopolitici mondiali (Cina, USA, Russia e UE), ma che riesce a portare avanti una politica estera aggressiva e imperialista quasi sempre vincente, grazie al genio politico di Erdogan, al forte nazionalismo del suo popolo, al suo radicato militarismo e all’uso dell’Islam politico come strumento di propaganda che gli permette di ottenere alleati anche fuori dal mondo panturco.
Anche se è una nazione nemica dell’Europa e di tutti i popoli cristiani, ci sarebbe molto da imparare dal suo esempio. Quando sento dire che l’Italia da sola non conta nulla e ha bisogno dell’Unione Europea per competere nel mondo globalizzato di oggi, penso subito alla Turchia, che ha un’economia più debole della nostra, ma riesce a fare la voce grossa con tutti i suoi vicini, compresa la Russia, e ad ottenere successi militari e politici incredibili.
Mentre noi italiani rinunciamo alla nostra influenza sulla Libia, collaborando addirittura ai bombardamenti francesi e americani contro Gheddafi dopo aver stipulato con lui degli ottimi accordi per lo sfruttamento del petrolio libico, i turchi sbarcano a Tripoli con l’esercito, prendendo il controllo della guardia costiera libica.
Persino per liberare, dietro riscatto, Silvia Romano, prigioniera degli islamisti somali di Al Shabaab, abbiamo dovuto ricorrere alla mediazione dei servizi segreti turchi.
Dopo aver armato e finanziato l’Isis, Erdogan ha occupato il nord della Siria col suo esercito, mentre la sua flotta minaccia le navi greche con azioni piratesche ed estende il suo potere nel Mediterraneo, irridendo le minacce di Macron e approfittando del silenzio imbelle dell’Occidente tutto.
Soltanto la Russia, l’Iran e la strenua resistenza siriana impediscono a Erdogan di restaurare il vecchio impero ottomano, con l’aiuto delle forze islamiste più radicali attratte dalla sua abile propaganda. La trasformazione della basilica di Santa Sofia in moschea è stato il suo capolavoro: con quel gesto si è autoincoronato come nuovo sultano e paladino dell’Islam politico nel mondo.
La Turchia di Erdogan offre una grande lezione ai deboli popoli occidentali e mostra al mondo le vittorie che può ottenere un popolo unito, combattivo, fiero di sé stesso e guidato da un leader tanto astuto quanto spregiudicato, pur avendo una potenza economica mediocre e restando fuori da organismi sovranazionali come l’Unione Europea, che invece di dare maggiore forza agli Stati membri, li spreme come limoni mentre assiste, muta e impotente, all’ascesa della potenza e dell’arroganza di Erdogan.