Uscito nel 2016 negli USA, questo film interpretato da Daniel Radcliffe per la regia di Daniel Ragussis (ma con la collaborazione dell’agente dell’FBI Michael German) riprende, non a caso, il titolo di un vecchio libro ben noto nell’ambiente della Destra Radicale americana, che è – superfluo sottolinearlo – il soggetto che il regista vuole esplicitamente criminalizzare.
Bastano i primi 15 minuti per recepire il primo messaggio: il nemico principale che il Sistema deve combattere non è il terrorismo islamico ma l’estremismo dei “suprematisti bianchi” e il protagonista, un agente dell’FBI che si infiltra nel “Movimento” – non si tratta qui di una singola organizzazione, ma di un’intera area politica – entra in un mondo che per lui è da incubo: bandiere, svastiche, croci di fuoco, saluti a braccio teso, “sieg heil!” tonanti, tuniche del KKK, divise, manifestazioni – il tutto adeguatamente accompagnato da musiche angoscianti per creare l’atmosfera giusta (viene da pensare alla battuta di Homer Simpson di fronte alla TV: “Quell’uomo è un mostro: senti la musica di sottofondo!?”). Cosa saranno mai lo sfruttamento capitalista, l’usura bancaria, l’eliminazione progressiva della piccola e media proprietà privata, i problemi sociali prodotti dal Sistema americano, l’aborto, la droga, la disoccupazione, la criminalità legata all’immigrazione selvaggia, il terrorismo islamista, le guerre di aggressione e sterminio degli Usa nel mondo, a cospetto di questa ideologia suprematista? Apprenderemo solo nel finale che lamentarsi dei citati mali sociali è solo “vittimismo”, vera radice del fascismo!
Naturalmente, a convincere proprio tutti della mostruosità della Destra Radicale la messinscena tipica americana da sola non basterebbe, e allora si provvede a fornire allo spettatore un argomento ben più convincente: il “Movimento” sta costruendo una “bomba sporca”, in grado di provocare una strage senza precedenti. Che altro vi potreste aspettare da “estremisti bianchi”, se non lo sterminio di milioni di innocenti? Giusto per non provocare malintesi – e con totale sprezzo del ridicolo – il film sarebbe ispirato a “fatti realmente accaduti”. Se poi i fatti reali sono l’esistenza di movimenti di un certo tipo e non lo sterminio di milioni di americani, questo costituisce un dettaglio secondario che non necessita di spiegazioni ulteriori.
Ma i messaggi che il film intende trasmettere non si limitano a questo. Innanzitutto, c’è la “glorificazione” dell’infiltrato provocatore e spia, il che non stupisce, considerando che l’ex infiltrato reale Michael German ha collaborato alla “sceneggiatura”. Un mestiere, una garanzia!
Del resto, questa non è certo un’esclusiva americana e chiunque abbia esperienza di militanza attiva conosce bene la squallida figura dell’infiltrato, spesso incaricato di screditare, dividere e seminare zizzania. Nel mondo reale pochi ruoli risultano più disprezzabili di quello del falso, del traditore, del mentitore ipocrita di professione, del finto amico che ti avvicina al fine di rovinarti, ma la cinematografia americana non si scoraggia e, quando vuole, ci presenta l’infame professionista come un esempio eroico (del resto il film “Jesus Christ Superstar” aveva idealizzato direttamente Giuda) e anche questo film non fa eccezione. Quanto all’immancabile superiore che controlla l’agente infiltrato, si tratta di una perfetta eroina democratica e femminista: tipica donna in carriera (nell’FBI) determinata, professionale, spregiudicata e dotata della femminilità e della sensualità degni di uno spaventapasseri. In compenso, è lei la vera sentinella antifascista che, biascicando gomma americana, veglia premurosamente sulla società democratica minacciata dall’orda neonazista mentre gli altri colleghi ancora pensano stupidamente agli islamisti.
Alcune caratteristiche del “Movimento” sono indubbiamente reali: le marce contestate dagli antifascisti, la propaganda via radio, il sogno di separare il Nordovest dagli USA per costruire uno Stato bianco libero, la teoria della “leaderless resistance” (la resistenza diffusa e priva di gerarchie centrali precise) sono tutte costanti riscontrabili nei decenni in diversi gruppi identitari americani. Reali sono anche la passione per le armi da fuoco e per le milizie popolari organizzate. Che queste milizie siano assolutamente legali secondo la stessa Costituzione americana, con lo scopo dichiarato di proteggere il popolo dalla nascita di una qualunque tirannia, è uno scomodo dettaglio che il film tralascia di spiegare.
Segue poi una sorta di variegato “campionario umano” del mondo della destra radicale, mostrato attraverso i diversi gruppi infiltrati e i contatti presi dal protagonista.
Si comincia col gradino socialmente più basso, quello degli Skinhead neonazisti, presentati come semplici bande di teppisti di strada senza vere prospettive serie se non quella di farsi arrestare dopo una rissa. In un mondo come quello americano, che pullula letteralmente di gang di ogni tipo, etnia e tendenza, quelle composte da bianchi e ispirate da una certa ideologia non meritano nessuna seria analisi sociologica che non sia criminalizzante a prescindere. C’è poi la propaganda radiofonica, un mezzo che in America è tradizionalmente utilizzato dalla destra radicale fin da prima della guerra, ma in questo caso chi gestisce la radio lanciando proclami estremisti è dipinto come uno privo di fede, un uomo d’affari che sfrutta il movimento solo per fare soldi.
Appaiono più sinceri e determinati i grezzi miliziani “ariani” ,che coniugano fede religiosa e politica con attività paramilitari: “Stiamo parlando di attività rivoluzionaria”, sentenzia solennemente il loro leader – espressione seria, barba da boscaiolo e fisico da orso bruno – seduto nel suo quartier generale con alle spalle due grandi quadri di Cristo e di Hitler, rigorosamente delle stesse dimensioni. Quasi l’incarnazione del nemico totale per una società pregna di liberismo, sionismo e massoneria. Ma neppure questi miliziani armati, alla fine, sono i più cattivi. Il nemico peggiore e più temibile, quello dal quale la democrazia deve guardarsi veramente, non ha tatuaggi, non dice parolacce e non ne tollera in presenza di bambini, non ha vizi, non si altera come gli altri e neppure fa proclami troppo roboanti in pubblico, ma ha una bella famiglia modello con ruoli “tradizionali”, ama moglie e figli, ai quali si dedica con entusiasmo, è culturalmente preparato, ha viaggiato, legge molti libri, ascolta musica classica e coltiva l’amicizia come un valore fondamentale dell’esistenza. Sarà proprio sfruttando questi interessi culturali e approfittando di questi valori tradizionali che l’infiltrato riuscirà a sventare il tentativo dei più cattivi tra i cattivi di costruire la bomba sporca e provocare un massacro.
Sembra un messaggio subliminale – ma neppure troppo – per dire che il fascista è più pericoloso non quando mena le mani o fa militanza politica, e neppure quando pone le basi per una futura rivolta armata di popolo, ma quando in aggiunta a tutto questo, si dedica anche alla formazione culturale e caratteriale, si dà uno stile, risulta anche simpatico, pensa e diffonde idee. Viene da concludere che sia proprio questo il significato: i “fascisti” in fondo non sono pericolosi in quanto violenti (anche gli antifascisti nel film, ricorrono democraticamente alla violenza e alla provocazione), ma in quanto portatori di Idee e Valori radicati nella fede, nel sangue, nella famiglia, nell’identità di una stirpe che è pur sempre europea, e quindi alla lunga irriducibili all’omologazione mondialista.
Viene da pensare che la “bomba sporca” tanto pericolosa nel film sia in realtà quella rimodulazione della destra radicale che, col nome di Alt-Right, ha contribuito a risvegliare molti americani precedentemente apolitici o comunque passivamente indifferenti e rassegnati, innescando una reazione di ampia portata nella cultura e nella società americani, una reazione che costituisce uno degli elementi determinanti del “fenomeno Trump”. Lungi dall’uccidere milioni di americani, la “bomba culturale” in questione ne ha salvati in gran numero con la limitazione e il contrasto dell’aborto di massa, il rilancio massiccio del lavoro produttivo e la limitazione delle guerre esterne della superpotenza. La volontà di dedicare la vita intera alla militanza per la propria identità e per la sopravvivenza del proprio popolo: questa è la vera bomba che fa paura al Sistema, in America come in Europa.