Se si prende un mappamondo ci si rende facilmente conto che la Nuova Zelanda è esattamente al capo opposto del pianeta rispetto all’Italia. Al tempo stesso, una rapida analisi della realtà nella quale operano i nostri camerati neozelandesi rende l’idea di come la battaglia in corso sia veramente globale. In un paese che per popolazione equivale a una nostra regione (1), i nazionalisti di Action Zealandia devono affrontare insieme a una battaglia culturale per preservare la loro eredità europea, problemi di immigrazione, di repressione e “strategia della tensione” che ce li fanno sentire umanamente e politicamente molto vicini.
Il movimento è relativamente nuovo (attivo dall’estate 2019) e giovane. Gruppi precedenti come il New Zealand National Front, avevano già mostrato dei limiti, chiudendosi in un eccessivo autoisolamento sociale, quando la strage di Christchurch (15 marzo 2019) ha fornito la scusa per una pressione repressiva senza precedenti contro tutto l’ambiente nazionale, incluso quello più moderato, portando allo sfaldamento di questi gruppi. La strategia di intimidire l’area nazionale ha da una parte avuto parzialmente successo, ma dall’altra ha operato una selezione naturale nell’ambiente e favorito la crescita di una nuova realtà, giovane e ben più dinamica di quelle che erano appena scomparse (anche se i dirigenti storici e i migliori veterani degli anni precedenti sembrano appoggiare e incoraggiare attivamente Action Zealandia, che ha sezioni un po’ in tutte le principali città del paese). Se queste sezioni operano localmente con uno stile militante e giovanile – striscioni, volantini, adesivi – non mancano attività di formazione come marce all’aperto a contatto con la natura e un sito nazionale ben fatto e di ottimo livello culturale e che, oltre a pubblicare buoni articoli, trasmette dibattiti a cadenza settimanale – inclusa una intervista di oltre due ore al responsabile della nostra sezione americana, Frank Dotro, dedicata alla nascita del Movimento Nazionale e, in generale, ai problemi dell’Italia.
In un’intervista rilasciata a camerati sloveni, i dirigenti spiegano che Action Zealandia è una organizzazione nazionalista fondamentalmente giovanile, che mira a creare una comunità per i neozelandesi europei. I cinque punti guida vengono definiti come Autoformazione, Identità Europea, Costruzione di una Comunità, Nazionalismo e Sostenibilità. Spiegando questi punti, si specifica l’importanza di uno stile di vita sano fortemente contrario a ogni droga e devianza sessuale, libero dal consumismo e opposto al modello del capitalismo finanziario, considerato non sostenibile in termini ecologici, sociali e di sopravvivenza etnica.
Tra i personaggi storici di riferimento vengono citati Spengler, Mosley e Codreanu. Rispetto ai gruppi tradizionali degli anni precedenti, il movimento ha adottato una strategia nuova puntando maggiormente sulle azioni di propaganda diretta, ma anche sull’elaborazione culturale e sulle iniziative comunitarie e formative. Inoltre, Action Zealandia sottolinea come sia importante presentare il fattore identitario in positivo, mai in negativo, insistendo sul fatto di dover amare la propria etnia, senza essere necessariamente ostili alle altre. In effetti, il sito del movimento riteniamo possa dare un contributo interessante sul piano culturale e stilistico non solo ai camerati locali, ma anche di altre nazionalità, a cominciare naturalmente da quelli dei paesi anglofoni.
Emerge chiaramente che il movimento rappresenta un notevole salto di qualità rispetto al passato, come riconosciuto da due fonti distinte, anzi antitetiche: gli avversari da una parte e i veterani dell’ambiente nazionalista dall’altra. I primi, allarmati, parlano di un livello di organizzazione, disciplina e “sofisticazione” nella formazione dei militanti superiori a quelli mai visti in Nuova Zelanda, mentre i secondi, evidentemente alieni da personalismi e gelosie, riconoscono la maturazione anche culturale e dottrinaria di Action Zealandia al confronto dei gruppi preesistenti.
Nel sito, si vedono ovviamente foto e video delle attività svolte e colpisce che i militanti appaiano spesso a volto coperto e talvolta che gli articoli siano firmati con pseudonimi. In effetti, un articolo specifico illustra i motivi di questa prassi, volta a ostacolare la repressione combinata di autorità poliziesche, media e antifa. Potrà sembrare curioso che un paese di tradizione giuridica e culturale anglosassone sviluppi rapidamente una serie di misure repressive che ci si aspetterebbe in altri stati ritenuti più autoritari, ma è quello che si nota sia in Nuova Zelanda che nella vicina Australia. Un video illustra un esempio di “intimidazione informale” al di fuori della consueta prassi legale (2). Riprendere questi “colloqui” con la conseguente possibilità di renderli di pubblico dominio sembra essere la soluzione migliore per essere rispettati e non avere problemi. A questi metodi si aggiungono i tentativi di schedare i militanti nazionalisti da parte degli Antifa locali, apparentemente molto contrariati da una maglietta italiana (Me ne frego) indossata in un’occasione da un militante. Un altro aspetto particolare è quello formativo, con marce fuori città a contatto con la natura e attività come il piantare nuovi alberi per contrastare i danni causati dal consumismo contemporaneo allo splendido ambiente neozelandese.
Naturalmente, gli attivisti di Action Zealandia cercano di effettuare azioni di propaganda che diano visibilità al movimento, sempre nella legalità, e rivendicano le proprie radici europee in antitesi alla propaganda politicamente corretta, che vorrebbe eliminare le tradizioni della maggioranza europea per privilegiare tutte quelle degli altri gruppi etnici (peraltro ben diverse anche tra loro). Anche se l’islamismo non costituisce ancora il problema maggiore, lo è senza dubbio l’afflusso di immigrati soprattutto asiatici che provoca un relativo abbassamento degli stipendi e del livello di vita e un parallelo aumento degli affitti, con risultati socioeconomici pesantemente negativi per i lavoratori bianchi ma anche per quelli maori.
In quanto ai complessi di colpa indotti dalla moderna cultura progressista riguardo ai crimini dei bianchi e ai loro rapporti con gli indigeni Maori, i nazionalisti sottolineano come la conquista da parte degli europei abbia messo fine a pratiche atroci come il cannibalismo, la tortura, la schiavitù e il genocidio intertribale – fatto che ha indotto parecchie tribù ad accettare di buon grado il dominio e la protezione da parte degli europei. La società neozelandese è stata edificata da coloni inglesi, gallesi, scozzesi e irlandesi e “sono stati questi coloni a lavorare come agricoltori, minatori, pescatori, commercianti, ferrovieri, e, col loro duro lavoro, a trasformare questa terra selvaggia nel paese prospero che abbiamo oggi. Gli europei hanno costruito la Nuova Zelanda e noi come organizzazione lo rivendichiamo fieramente”, proclama Action Zealandia.
Il movimento sembra dunque impostato e avviato bene, determinato a fare la propria parte nella lotta globale per la sopravvivenza della Civiltà ereditata dai nostri antichi, comuni antenati.
https://www.youtube.com/c/VoiceofZealandia/videos
Note
1) Il paese conta circa 5 milioni di abitanti. Gli europei sono il 70% circa, ma il flusso migratorio rischia di alterare l’equilibrio. Gli immigrati, soprattutto asiatici, stanno già superando la minoranza Maori.
2) Nel video, si vedono chiaramente due individui apparentemente in abiti civili ma con pettorine della polizia (poliziotti magari fuori turno, o agenti dei servizi?) che entrano nel giardino privato di un cittadino, conosciuto come un patriota seppur non membro del movimento, per fargli delle “comunicazioni” a voce. Il proprietario riprende la scena e dice che possono parlare tranquillamente. I due insistono perché il proprietario interrompa il video, mentre lui ribadisce che se una cosa è legale la si può tranquillamente riprendere perché venga risaputa, specie se avviene sulla sua proprietà privata, dove sono entrati non invitati. Il battibecco prosegue per un po’ finché i due decidono di andarsene e di tornare quando sarà disposto a non riprendere nulla! L’intimidazione sistematica preventiva dei singoli nazionalisti (ovviamente fatta per rassicurare immigrati e antifa) sembra essere diventata una abitudine e la cosa non riguarda solo i militanti più radicali, ma anche i semplici patrioti moderati, come i cosiddetti civnat.