«Tu scendi dalle stelle, o re del cielo …»: questo canto, composto da S. Alfonso Maria de Liguori (1696-1787), accompagna il tempo natalizio. C’è chi scende dalle stelle, il Signore Gesù, e chi guarda le stelle: i Magi, e anche noi nelle notti limpide. Il tempo di Natale è un’ellisse che ha i suoi due fuochi nelle due solennità del S. Natale il 25 dicembre e poi dell’Epifania il 6 gennaio. La tradizione veneta della “Befana” mette un po’ in ombra la figura dei Magi e dell’Epifania, che in altre zone del mondo, mancando la simpatica usanza, sono maggiormente sentite e valorizzate.
Pensiamo ad esempio a Colonia, in Germania, dove nella Cattedrale sono custodite, in un preziosissimo scrigno, quelle che tradizionalmente vengono ritenute le reliquie dei Magi, ivi trasferite dall’imperatore Federico Barbarossa dopo averle trafugate da Milano.
Grazie a “Euganeamente”, progetto culturale per la promozione del territorio euganeo, scopriamo che c’è una traccia dei Re Magi anche nei Colli Euganei vicini a Padova. Il colto sacerdote, latinista all’Università di Padova, Jacopo Facciolati (1682- 1769) nato a Torreglia, era anche un amante della pittura e donò alla sua Parrocchia di Torreglia un’Adorazione dei Magi, copia della famosa opera di Andrea Mantegna (1434-1506), oggi al J. P. Getty Museum di Los Angeles. L’Adorazione dei Magi di Torreglia è un delizioso dipinto su tavola a tecnica mista, di piccolo formato (cm 54×73), destinato prevalentemente alla devozione personale. Variante di quella del Mantegna, fu realizzata, agli inizi del XVI secolo, molto probabilmente da un pittore veneziano sul quale ci sono diverse ipotesi. Dell’originale mantegnesco, infatti, esistono diverse versioni, pur fedeli all’iniziale idea compositiva. Per motivi di sicurezza, l’opera è oggi custodita presso il Museo Diocesano di Padova. Nel luogo originario, cioè la Chiesa di San Sabino a Torreglia Alta, è sempre visibile una riproduzione e l’originale viene esposto in occasioni particolari.
Questa presenza artistica dei Re Magi tra i Colli suscita molte suggestioni. Innanzitutto, il legame tra i magi, Mantegna, Facciolati e i Colli. Questo legame ci parla di mondialità, di relazioni lunghe e ampie che nel Rinascimento di Mantegna ha visto l’incontro tra Europa e Americhe, e nel colto Settecento di Facciolati metteva in comunicazione i borghi e gli intellettuali veneti con personalità di tutta Europa e oltre. Facciolati, ad esempio, compose il primo dizionario moderno della lingua latina (Lexicon).
I Re Magi illustrano bene questa ampiezza di orizzonti, questi paesaggi del pensiero e altezze della cultura. I Magi lungo i secoli hanno sempre rappresentato figure di ricercatori, di intellettuali di paesi e culture lontane, scienziati e filosofi. All’inizio del XXI secolo, viviamo anche noi una intensa epoca di mutamenti, di incontri fra culture, di migrazioni e di equilibri socio-culturali sempre in continuo divenire, come ai tempi di Mantegna e di Facciolati. Questa presenza catapulta i Colli sul mondo e il mondo sui Colli, e ci è molto familiare.
Un secondo aspetto è legato allo stile e all’iconografia dell’opera. Diversamente da altre, la composizione delle figure è in primissimo piano, rinunciando a ogni dettaglio ambientale. È una scena che ci coinvolge ed è il nostro sguardo a completare la cornice temporale dell’incontro raffigurato, quasi a rendere ciascun osservatore il «quarto re magio».
Questo incontro tra culture e religioni diverse continua. Il numero tre legato ai magi è dato soprattutto dai doni offerti come descritto dai Vangeli (Mt 2,1-11), ma la loro illustrazione ha assunto nel tempo accentuazioni diverse, tra le quali una delle più suggestive è legata alla provenienza dai tre continenti: Asia, Africa, Americhe, ma anche alle tre età della vita: gioventù, maturità e vecchiaia. Nell’Adorazione di Torreglia, infatti, il più giovane al centro offre un bruciaprofumi dalle forme orientali, mentre il “moro” sulla destra regge un vasetto chiuso contenente – possiamo immaginare – la mirra. Il terzo, il personaggio calvo, indossa una veste preziosa e quindi suggerisce l’offerta dell’oro. Diventando partecipi dell’incontro tra i magi e il bambino Gesù in quest’opera, veniamo immersi nel permanente incontro, scambio e reciproco arricchimento tra persone diverse per età, culture e religioni, che rende bello il dialogo e la ricerca condivisa della pace.
Attraverso i doni Dio si manifesta agli uomini come Re-Dio-Uomo.
Oro= Re
Incenso= Dio
Mirra= Uomo
«Tribus miraculis ornatum, diem sanctum colimus: Hodie stella magos duxit ad praesepium: Hodie vinum ex aqua factum est ad nuptias: Hodie in Jordane a Joanne Christus baptizari voluit, ut salvaret nos, alleluia.» Epifania significa dunque “manifestazione”. La Santa Chiesa istituì questa festa per commemorare la triplice manifestazione di Gesù: come Dio, facendosi adorare dai Magi; come uomo, ricevendo il Battesimo da San Giovanni; come operatore di miracoli, cambiando, alle nozze di Cana, l’acqua in vino.
L’Epifania, dunque, celebra l’universalità della Chiesa: Emmanuele, «Dio con noi», è giunto in terra per chiamare ognuno alla Verità e per indicare la strada per raggiungerla e salvarsi. I Re Magi, che appartenevano alla casta sacerdotale ereditaria della religione zoroastriana, hanno creduto nei segni celesti, «i cieli narrano la gloria di Dio» (Sal. 19, 2), li hanno saputi decifrare e con immensa gioia si sono genuflessi a Cristo Re.
Non hanno proposto alla Madonna e a san Giuseppe di educare il Bambino Divino nella loro religione, ma si sono sottomessi al Pargolo celeste; non hanno cercato un dialogo, un confronto, uno scambio di opinioni; non hanno neppure portato la loro esperienza o le loro interpretazioni. Questi sapienti si sono umilmente prostrati alla Verità, all’Amore, alla Bellezza che avevano dinnanzi. L’Epifania perciò celebra non l’ecumenismo, bensì l’universalità della Chiesa, ovvero la chiamata dei gentili alla Fede. E il posto della stella è stato preso dal Vangelo, che invita ancora alla conversione di tutte le genti a Cristo, l’Unto di Dio.
Nel 614 la Palestina fu occupata dai Persiani guidati da Re Cosroe II, che distrussero quasi tutte le chiese cristiane, risparmiando la Basilica della Natività di Betlemme perché sulla facciata vi era un mosaico raffigurante i Magi vestiti con l’abito tradizionale persiano. Marco Polo afferma di aver visitato le tombe dei Magi nella città di Saba, a sud di Teheran, intorno al 1270: «In Persia è la città ch’è chiamata Saba, da la quale si partiro li tre re ch’andaro adorare Dio quando nacque. In quella città son soppeliti gli tre Magi in una bella sepoltura, e sonvi ancora tutti interi con barba e co’ capegli: l’uno ebbe nome Beltasar, l’altro Gaspar, lo terzo Melquior. Messer Marco dimandò più volte in quella cittade di quegli III re: niuno gliene seppe dire nulla, se non che erano III re soppelliti anticamente» (Il Milione, cap. 30).
Nel 1162, l’imperatore Federico Barbarossa fece distruggere la chiesa di Sant’Eustorgio a Milano, dove erano state portate le salme dei Magi (alle quali era giunta, secondo la Tradizione, sant’Elena) e se ne impossessò. Nel 1164, l’arcicancelliere imperiale Rainaldo di Dassel, arcivescovo di Colonia, le sottrasse e passando in Lombardia, Piemonte, Borgogna, Renania, le traslò nella cattedrale della città tedesca, dove ancora oggi sono conservate. Milano cercò ripetutamente di riavere le reliquie: il 3 gennaio del 1904, l’Arcivescovo Ferrari fece collocare in Sant’Eustorgio alcuni frammenti ossei in un’urna di bronzo con la scritta «Sepulcrum Trium Magorum».
Papa Benedetto XVI, in uno dei discorsi pronunciati alla GM di Colonia, disse: “Siete giunti da varie parti della Germania, dell’Europa, del mondo, facendovi pellegrini al seguito dei Magi. Seguendo le loro orme voi volete scoprire Gesù. Avete accettato di mettervi in cammino per giungere anche voi a contemplare, in modo personale e comunitario, il volto di Dio svelato nel bambino del presepio”. Il pontefice pone poi gli accenti sulle difficoltà superate dai sapienti per arrivare al cospetto di Dio: “Ora che erano vicini alla meta, non avevano da porre altra domanda che questa. Anche noi siamo venuti a Colonia perché sentivamo urgere nel cuore, sebbene in forma diversa, la stessa domanda che spingeva gli uomini dall’Oriente a mettersi in cammino”.
La domanda cui Papa Ratzinger si riferisce è ingombrante: “Dov’è il Re dei Giudei che è nato?”. Lo stesso quesito accompagna chi si mette in viaggio di questi tempi. Un po’ come nel caso di Melchiorre, Gasparre e Baldassarre, domandarsi oggi dove sia il Re dei Giudei significa per la teologia ratzingeriana evitare il disastro di un’esistenza terrena senza stella. Urge intraprendere un cammino, anche complesso e denso d’ostacoli, pur di poter rivolgere la domanda che fornisce il tutto al senso.
https://www.youtube.com/watch?v=0J81iAg51Ro
Gloria, Pax et Fraternitas!
Alessandro Prof. Dott. Tamborini
*Plenipotenziario per le politiche di tutela e promozione del patrimonio storico-artistico-demo-etno-antropologico.
Cattedratico di Scienze Religiose, Storia e Simbolismo dell’Arte Antica e Medievale.