“E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi”.
(Gv 1, 14)
Il mistero di Dio che si fa uomo toglie il fiato, lascia senza parole anche i grandi della terra.
Come sant’Agostino che si lascia travolgere dalla meraviglia e dalla gratitudine.
Tra i tanti regali che possiamo ricevere a Natale, forse il dono più grande è la capacità di stupirci davanti a un mistero che ci supera, che fatichiamo a capire fino in fondo. Ed ecco che la gratitudine può diventare gioia, canto e preghiera.
Desidero offrire ai lettori l’esempio che ci arriva da sant’Agostino, vescovo e dottore della Chiesa (354-430) che nei suoi sermoni si inchina alla meraviglia dell’umiltà divina, opposta alla superbia umana.
Vertiginosa teologia, parole che necessitano di letture attente e/o ripetute affinché si svelino gli elevati concetti e il nostro cuore e la nostra mente ne siano pervase.
A Natale si celebra la nascita di Gesù, e dal 336 la si festeggia il 25 dicembre. La data fu stabilita dai Padri della Chiesa vicino al solstizio d’inverno per cristianizzare le feste pagane in onore del dio Sole, “Sol Invictus = Sole invincibile”, dal culto del dio Mithra ai saturnali romani. Anche Santa Lucia viene celebrata vicino al solstizio d’inverno.
La fissazione della data del 25 di dicembre la troviamo, per la prima volta, verso la metà del IV secolo, nel “Calendario di Furio Dionisio Filocalo” (cronografo romano). In corrispondenza di questa data sono segnate due feste: una pagana (la nascita del Sole Invitto) e una cristiana (la nascita di Cristo).
Nella notte tra il 24 e il 25 di dicembre (del calendario giuliano), in coincidenza col solstizio invernale, si accendevano, in tutte le regioni dell’impero romano, grandi falò per “aiutare” il sole ad apparire all’orizzonte (le giornate infatti in quel periodo cominciano ad allungarsi).
Le varie feste pagane che coincidevano con l’attuale periodo natalizio erano dedicate a divinità nate in maniera miracolosa il 25 dicembre o il 6 gennaio, come Dioniso, Osiride, Mithra, identificate col sole. Di qui il significato della parola greca “Epifania“: apparizione di una divinità o di un suo intervento tra gli uomini attraverso segni prodigiosi.
La tradizione cristiana vuole stabilita, almeno a Roma, una liturgia natalizia ufficiale intorno al 335-36 per opera di papa Liberio, in quella che oggi è la basilica di Santa Maria Maggiore. Ma nel IV secolo se ne trovano anche in Africa, Spagna e Nord Italia.
Joseph Ratzinger, Papa Benedetto XVI, nell’udienza generale del 23 dicembre del 2009 disse che “il primo ad affermare con chiarezza che Gesù nacque il 25 dicembre è stato Ippolito di Roma, nel suo commento al Libro del profeta Daniele, scritto verso il 204”, guadagnando oltre un secolo rispetto al Cronografo. Lo stesso Joseph Ratzinger però ammetteva nel suo discorso che la festa cristiana aveva preso il posto di quella pagana del Sol invictus, cioè del solstizio, il giorno più breve dell’anno dopo il quale le giornate tornano ad allungarsi e il Sole vince sulle tenebre. I Romani chiamavano questo giorno “Dies Natalis Solis Invicti”.
Per il Cristianesimo fu abbastanza ovvio trasporre il simbolismo della vittoria sulle tenebre nell’apparizione della figura di Cristo sulla Terra. Ma in nessun modo la Chiesa definì mai questo punto, lasciando che il giorno del Natale di Gesù si affermasse come semplice tradizione.
Agostino definisce il Natale come “il vero giorno”, perché è il giorno in cui è nato Cristo e tale nascita è duplice in quanto sono due le nature di Gesù, divina e umana.
La prima nascita, quella divina, è senza una donna come madre, la seconda, quella umana, è senza un uomo come padre.
La prima nascita è questa:
“In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”. Dio genera il Figlio nell’Eternità e sebbene lo generi, Dio non è mai senza il Figlio. Dio genera il Figlio ma questa nascita non ha inizio, il Padre genera il Figlio, ma il Figlio non inizia a esistere. L’obiezione contro tale affermazione è chiara: ciò che è generato ha un inizio, se non ha un inizio, non può essere generato. Eppure Cristo, nella sua natura divina, sebbene sia stato generato, non ha un inizio temporale, in quanto è eterno. Un paradosso troppo difficile perché possa essere risolto dal nostro intelletto finito e limitato, spiega Agostino. La generazione del Verbo nell’eternità, nella quale in quanto Dio è nato da Dio, non può essere onorata in alcun giorno, come il Natale che festeggiamo, lì non c’è giorno che possa essere celebrato o che possa tornare ciclicamente, poiché è un giorno senza inizio, senza alba, e dunque senza fine, senza tramonto. “Quell’unico Verbo di Dio, quella vita, quella luce degli uomini è il giorno eterno”.
Piuttosto dovremmo concentrarci sulla seconda nascita, nella quale Dio annienta se stesso per farsi simile a noi, acquisendo natura umana. “Il Verbo si è fatto carne”.
Dio per amore è nato nel tempo, Lui che ha creato il tempo, è venuto al mondo, Lui che è anteriore al mondo, è diventato uomo, Lui che ha creato l’uomo, il Verbo senza il quale l’umanità non ha linguaggio, si è fatto neonato che non sa parlare.
Di questa nascita carnale, gli uomini possono in qualche modo raccontarla, anche se non tutto è comprensibile alla nostra mente umana. Essa è avvenuta in un giorno collocato nel tempo che celebriamo come Natale. Il Natale, ossia il giorno in cui Dio si è unito alla carne umana, ora è oggi e domani sarà ieri. Il Natale, che ogni anno ritorna, celebra l’Eterno che si è incarnato nella Vergine Maria, che si è fatto temporale.
Nel Natale l’Eternità si è costretta nel tempo, il Verbo si è trasformato in un maestro che ancora non parla. Dio si è umiliato per amore dell’umanità.
Mentre l’uomo nel Paradiso terrestre era tanto loquace da imporre i nomi alle cose, Gesù nella mangiatoia non sa pronunciare il nome di sua madre. L’uomo in un giardino ricco di frutti, si è perduto perché non ha voluto obbedire; Lui per obbedienza è venuto come creatura mortale per salvare l’uomo perduto. “Tu che eri uomo hai voluto diventare Dio e così sei morto; lui che era Dio volle diventare uomo per ritrovare colui che era morto”.
La superbia umana ci ha così tanto dannato che solo l’umiltà di Dio poteva salvarci.
Da Ambrosiano non posso non citare un passaggio di Sant’Ambrogio che si mette vicino al Bambino Divino: la notte della vita acquista nuova luce, che nessuna forza potrà mai spegnere, perché la fiamma è data dalla Fede, prima luce che brilla nel presepe del Signore Gesù. Egli scrive:
«Volle farsi pargolo, volle farsi bimbo, perché tu possa divenire uomo perfetto; fu avvolto in pochi panni perché tu venissi sciolto dai lacci di morte; giacque nella mangiatoia per collocare te sugli altari; scese in terra per elevare te alle stelle; non trovò posto in quell’albergo perché tu potessi avere il tuo nella patria celeste. – Da ricco che era, si fece povero per voi – dice l’apostolo – perché per la sua povertà voi diventaste ricchi.
Quella povertà è dunque la mia ricchezza, la debolezza del Signore è la mia forza. Volle per sé ristrettezze e per noi tutti l’abbondanza. I pianti di quell’infanzia mi purificano, quelle lacrime lavano i miei peccati. O Signore, io sono più debitore per le tue sofferenze redentive, che non per la tua potenza creatrice. Sarebbe perfino inutile nascere, se non avessimo il vantaggio d’essere redenti»
“A Natale dobbiamo essere tutti più buoni”, una frase convenzionale, sovente depauperata di ogni valore. Eppure vi è in essa un significato profondo.
A Natale si manifesta l’Eterno, la Verità. Riconoscerla significa vedere il vero Bene, come già lo affermava Platone secoli prima dell’avvento di Cristo.
Sapiente non è semplicemente colui che conosce le cose, ma colui che tramite la conoscenza sa distinguere il bene dal male e dunque sa comportarsi rettamente, garantendosi la vita eterna.
Buon S. Natale!
Alessandro Prof. Dott. Tamborini*
*Plenipotenziario per le politiche di tutela e promozione del patrimonio storico-artistico-demo-etno-antropologico. Docente di Scienze Religiose, Storia e Simbolismo dell’Arte Antica e Medievale.
Dai “Discorsi” di Sant’Agostino Vescovo
(Sant’ Agostino, Sermone 188, 2,2-3,3)
Quali lodi potremo dunque cantare all’amore di Dio, quali grazie potremo rendere?
Ci ha amato tanto che per noi è nato nel tempo lui, per mezzo del quale è stato creato il tempo; nel mondo fu più piccolo di età di molti suoi servi, lui che è eternamente anteriore al mondo stesso; è diventato uomo, lui che ha fatto l’uomo; è stato formato da una madre che lui ha creato; è stato sorretto da mani che lui ha formato; ha succhiato da un seno che lui ha riempito; il Verbo senza il quale è muta l’umana eloquenza ha vagito nella mangiatoia, come bambino che non sa ancora parlare.
Osserva, uomo, che cosa è diventato Dio per te: sappi accogliere l’insegnamento di tanta umiltà, anche in un maestro che ancora non parla. Tu una volta, nel paradiso terrestre, fosti così loquace da imporre il nome ad ogni essere vivente (Cf. Gn 2, 19-20); il tuo Creatore invece per te giaceva bambino in una mangiatoia e non chiamava per nome neanche sua madre. Tu in un vastissimo giardino ricco di alberi da frutta ti sei perduto perché non hai voluto obbedire; lui per obbedienza è venuto come creatura mortale in un angustissimo riparo, perché morendo ritrovasse te che eri morto. Tu che eri uomo hai voluto diventare Dio e così sei morto (Cf. Gn 3); Lui che era Dio volle diventare uomo per ritrovare colui che era morto. La superbia umana ti ha tanto schiacciato che poteva sollevarti soltanto l’umiltà divina.
(Sant’ Agostino, Sermone 185, 1)
“Chiamiamo Natale del Signore il giorno in cui la sapienza di Dio si manifestò in un bambino e il Verbo di Dio, che si esprime senza parole, emise vagiti umani. La divinità nascosta in quel bambino fu tuttavia indicata ai Magi per mezzo di una stella e fu annunziata ai pastori dalla voce degli angeli. Con questa festa che ricorre ogni anno celebriamo dunque il giorno in cui si adempì la profezia: la verità è sorta dalla terra e la giustizia si è affacciata dal cielo (Ps 84, 12). La Verità che è nel seno del Padre è sorta dalla terra perché fosse anche nel seno di una madre. La Verità che regge il mondo intero è sorta dalla terra perché fosse sorretta da mani di donna. La Verità che alimenta incorruttibilmente la beatitudine degli angeli è sorta dalla terra perché venisse allattata da un seno di donna. La Verità che il cielo non è sufficiente a contenere è sorta dalla terra per essere adagiata in una mangiatoia. Con vantaggio di chi un Dio tanto sublime si è fatto tanto umile? Certamente con nessun vantaggio per sé, ma con grande vantaggio per noi, se crediamo. Ridestati, uomo: per te Dio si è fatto uomo. Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà (Ef 5,14). Per te, ripeto, Dio si è fatto uomo. Saresti morto per sempre se lui non fosse nato nel tempo. Mai saresti stato liberato dalla carne del peccato, se lui non avesse assunto una carne simile a quella del peccato. Ti saresti trovato sempre in uno stato di miseria, se lui non ti avesse usato misericordia. Non saresti ritornato a vivere, se lui non avesse condiviso la tua morte. Saresti venuto meno, se lui non fosse venuto in tuo aiuto. Ti saresti perduto, se lui non fosse arrivato.”
(Sant’ Agostino, Sermone 196, 3)
Il Signore Gesù volle essere uomo per noi. Non si pensi che sia stata poca la misericordia: la Sapienza stessa giace in terra!
In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio (Gv 1,1).
O cibo e pane degli angeli! Di Te si nutrono gli angeli, di Te si saziano senza stancarsi, di Te vivono, di Te sono come impregnati, di Te sono beati.
Dove ti trovi invece per causa mia? In un piccolo alloggio, avvolto in panni, adagiato in una mangiatoia. E per chi tutto questo?
Colui che regola il corso delle stelle succhia da un seno di donna: nutre gli angeli, parla nel seno del Padre, tace nel grembo della madre. Ma parlerà quando sarà arrivato in età conveniente, ci annunzierà con pienezza la buona novella. Per noi soffrirà, per noi morirà, risorgerà mostrandoci un saggio del premio che ci aspetta, salirà in cielo alla presenza dei discepoli, ritornerà dal cielo per il giudizio. Colui che era adagiato nella mangiatoia è divenuto debole ma non ha perduto la sua potenza: assunse ciò che non era ma rimase ciò che era. Ecco, abbiamo davanti il Cristo bambino: cresciamo insieme con lui.