A cura del Sodalitium Equitum Deiparae Miseris Succurrentis, autori del sito

Premessa: L’articolo è in realtà il prologo tratto dal saggio ‘Cavalleria: una Via sempre aperta’ (Ed. Città Ideale, Prato 2017) e ancora disponibile contattando la mail del Sodalizio: reginaequitum@gmail.com

Vita ed ideale cavalleresco

Una buona via è il risultato di un progetto affidabile e di un’esperienza concreta: conduce alla mèta perché è stata sperimentata da quanti l’hanno percorsa con successo. Solo chi ha seguito fino in fondo una via è in grado di descriverne il percorso e le difficoltà. La via, infatti, supera le difficoltà del terreno: deve a volte salire, altre discendere. E salite e discese sono spesso impegnative. Deve attraversare deserti e paraggi remoti dove l’angoscia della solitudine attanaglia l’anima e spaurisce il cuore. 

Ci sono vie percorse da pochi viandanti: la Cavalleria è una di esse.

La via offre una promessa che non inganna ma che, per giungere a compimento, richiede un impegno che coinvolge le risorse della mente, le potenze dell’anima e le forze del corpo. La promessa, infatti, garantisce solo la bontà del percorso ma non la certezza dell’arrivo. Il compimento è frutto della volontà del viandante e dell’amore che la sorregge.

La Cavalleria è una via di santificazione che parte dall’uomo per giungere a Dio, se Dio lo concede.

Preghiera e servizio

La fiducia che nasce dall’amore non fa dubitare della bontà del percorso né del soccorso della Provvidenza che non abbandona chi in lei spera e ad essa si affida. In questo modo, il cammino si trasforma in preghiera e la preghiera illumina il cammino donando al cuore pace e serenità alla mente. 

Non esistono vie prive di pericoli e immuni da imboscate. E quand’anche vi fossero difese atte a respingere gli attacchi dall’esterno, nessuna di esse sarebbe in grado di prevenire gli attacchi dei nemici che portiamo nel cuore. 

Uno di essi è l’orgoglio: orgoglio di credersi il migliore, il più forte o il più puro. Orgoglio di sentirsi privilegiato perché si segue un cammino riservato a pochi. Orgoglio di credersi capace di seguire la Via contando sulle proprie forze più che sull’aiuto di Dio. 

L’altro nemico è l’imprudenza, spesso alimentata dall’orgoglio, che fa sottovalutare l’intensità del pericolo e induce a correre quando invece è opportuno rallentare il passo.

Poi vi è il dubbio: dubbio nella bontà del percorso; dubbio nello scopo che ci si è prefissi raggiungere; dubbio nelle proprie capacità. Un dubbio oltremodo ragionevole se si tiene in conto la sublimità dello scopo ma che diviene irragionevole quando, pienamente coscienti delle proprie limitazioni, ci si affida a Dio e si cerca di camminare tenendo stretta la sua mano.

Per ultimo vi è la pigrizia che induce a sostare quando occorre camminare e a rimandare ciò che è urgente fare.

Le virtù cavalleresche

Virtù proprie del Cavaliere, guerriero errante sui cammini di Dio, sono la sapiente umiltà; la profonda certezza nell’amore divino; la pazienza forgiata da una diuturna disciplina e da lunga dimestichezza col sacrificio; la prudenza illuminata dalla grazia che concede la capacità di discernimento; l’agire scevro da debolezze e interesse che rifugge l’attivismo e trae forza dalla contemplazione e dalla preghiera.

Il buon viandante cinge al fianco la spada con lo sguardo fisso alla mèta e il nome del Signore nel cuore.

La Via della Cavalleria è riservata a chi crede: il suo percorso è stato tracciato da Dio per la salvezza di quei figli che, non essendo chiamati alla vita contemplativa, seguono la via dell’azione secondo verità e giustizia. Una Via riservata al guerriero.

La Cavalleria è Via di sacrificio e di lotta contro il male e la menzogna a maggior gloria di Dio e per la salvezza del suo popolo.

Il Cavaliere crede in Dio e lo ama al punto di offrirgli la propria vita per amore del prossimo. Il suo esempio è Cristo. Modello del suo agire è l’offerta che Cristo fa della vita per amore dei fratelli.

Il Cavaliere crede nelle leggi di Dio, ad esse obbedisce e s’impegna a difenderle contro l’empietà combattendo la giusta battaglia nel luogo e nel tempo in cui, di volta in volta, è chiamato a operare.

Il Cavaliere sa di essere peccatore, sa di dover correggere le tendenze negative insite nella natura del guerriero ma crede fermamente nella Redenzione e nel potere del Risorto.

 Il Cavaliere è un peccatore che ha scelto la via del sacrificio e del dono di sé come veicoli di salvezza.

Nel suo agire conta sull’assistenza divina e sulle grazie che il sacramentale dell’Investitura fa confluire su di lui: grazie conformi allo stato di miles e ad esso necessarie le quali rendono possibili la giusta disposizione a combattere e la divina assistenza.

L’Investitura a cavaliere

L’Investitura è il rituale cristiano d’iniziazione guerriera. Il Cavaliere regolarmente investito è un iniziato e il carisma conferitogli è indelebile.

Nell’assoggettarsi all’azione spirituale del sacramentale d’Investitura, il Cavaliere chiede a Dio l’aiuto e la forza ma, allo stesso tempo, gli chiede di essere giudicato alla fine dei suoi giorni come un soldato viene giudicato in base alla fedeltà, all’obbedienza, alla lealtà e al coraggio.

La Via del Cavaliere è milizia: ciò significa che non v’è differenza tra vita quotidiana e quotidiana milizia. La milizia è la sua attività quotidiana: la sua “normalità”. La sua ricompensa consiste nella coscienza del dovere compiuto. Immune dalle lusinghe dell’adulazione e dalle frecce del biasimo, il Cavaliere compie ciò che deve essere compiuto accettando docilmente i consigli di chi può guidarlo sulla via della santificazione e seguendo l’esempio dei santi e degli eroi.

Il servizio

La logica della sua azione è il servizio: servizio alla verità e alla giustizia. Servizio al prossimo e a Dio che nel prossimo ha chiesto di essere riconosciuto e amato e che, per bocca del Figlio, ha insegnato che il più grande tra gli uomini è quello che più d’ogni altro ha posto sé stesso al servizio dei propri fratelli.

Cavalleria è sacerdozio dell’azione. Il Cavaliere consacrato è sacerdote del recte agere: dell’azione rettificatrice, illuminante e redentrice a servizio della verità, in difesa della giustizia, a protezione dei deboli e degli oppressi. La sua dignità sacerdotale gli permette di consacrare altri Cavalieri mediante il rituale d’Investitura.

Il cuore puro del cavaliere

Nell’ambito della propria persona, l’azione è diretta al superamento dei limiti, alla correzione dell’errore, al dominio delle passioni: requisiti indispensabili perché sia possibile la crescita spirituale in cui consiste la suprema vittoria del Cavaliere.

A che servirebbe, infatti, vincere i nemici esteriori senza prima aver vinto i nemici che insidiano la nostra anima? E come potrebbe dirsi puro un combattimento sorretto da una volontà offuscata dalle passioni e avvelenata dall’interesse? Quando il nemico agisce col supporto delle forze del male, vincerlo o contrastarne l’azione risulta impossibile senza l’ausilio delle forze della luce, vera e unica armatura del Cavaliere.

Il Cavaliere vince perché Cristo si è degnato di usare la sua persona come strumento per la propria vittoria. Per questo, pur se sconfitto sulla terra, vincitore nel cielo il Cavaliere partecipa del premio promesso ai difensori della giustizia.

La lotta al male

La strategia del Nemico mai come oggi è evidente e manifesta alla luce del sole. Essa si avvale del relativismo culturale che relega il concetto di “verità” tra le opinioni personali, estromette la religione dal vivere sociale e dalla storia imponendo il dogma assoluto del laicismo. 

Si avvale del sovvertimento delle norme etiche tradizionali per instaurare un sentire diffuso improntato all’edonismo e al culto dell’io, servo delle leggi del profitto che legittimano la sopraffazione ai danni del più debole. 

Propone il sovvertimento delle leggi naturali e delle norme sociali che riconoscono la differenza dei sessi e assegnano a ciascuno di essi diritti e doveri stabilendo le relative funzioni. A tal fine impone la teoria “di genere” che legittima il ripudio del sesso secondo natura imponendo tale teoria come norma sociale a detrimento della famiglia.

Ormai sta per realizzarsi l’instaurazione di un governo mondiale, parodia diabolica dell’Impero, gestore assoluto delle politiche finanziarie mediante le quali una gerarchia occulta e onnipossente è in grado di ridurre alla fame le nazioni non-allineate.

L’auto-proclamata “comunità internazionale” s’arroga il diritto al genocidio culturale e il diritto d’aggressione contro stati sovrani rei di non accettare l’asservimento. Il concetto di “terrorismo” è stato esteso fino a  includere chiunque – persona o nazione – si opponga alle mire egemoniche del governo mondiale. Un governo gestito dalla plutocrazia e a reggenza massonica. La plutocrazia ha assoggettato la tecnologia e la politica asservendo entrambi ai suoi interessi e coprendo, dietro il logoro manto della “democrazia”, la più efferata delle tirannidi che abbia mai funestato la storia dell’uomo.

Difensore dei poveri

Il Cavaliere, per vocazione difensore dei poveri, oggi più che mai ha il dovere di scendere in campo perché oggi la sopraffazione è diventata sistema e il peccato d’usura è legge del mercato globale. Perché oggi una ristrettissima gerarchia controlla con verga di ferro le risorse naturali e gli orientamenti culturali allo scopo di determinare, in tal modo, i destini del mondo e l’avvenire dei popoli.

Mai come oggi la storia ha bisogno del Cavaliere e mai al Cavaliere si è presentata occasione più gloriosa di testimonianza e di lotta. Ma, anche in questo caso, la prima indispensabile ribellione deve iniziare dall’interno della persona per produrre una trasformazione radicale del sentire e dei costumi.

Il dono del cavaliere

All’ossessionante richiamo che incita al consumismo e ad accumulare il superfluo il Cavaliere risponde con la logica d’una luminosa semplicità, frutto d’una diligente e assidua semplificazione dei bisogni che sa accontentarsi di poco e nel poco trova la gioia che la ricchezza promette ma non sa dare.

Non si è Cavaliere se non si sa educare la mente e il cuore ad amare la nobile frugalità e la casta povertà. Il tempo e le energie del Cavaliere sono volti non all’acquisizione della ricchezza e del potere ma consacrati alla divina generosità del dono.

Al generale marasma e alla confusione di valori prodotti ad arte dal relativismo culturale il Cavaliere oppone la salda certezza della fede: fede in Dio e nella sua misericordia; fede nella propria vocazione di combattente.

Al lassismo morale, al culto suicida per le false libertà oppone un’etica essenziale e leale scevra da moralismi e rispettosa dei valori della Tradizione. Un’etica che si esprime in una disciplina liberatrice la quale educa a superare la spietata tirannia imposta dall’asservimento ai bisogni, oggi spacciata per libertà.

All’ignoranza delle cose dello spirito, oggi imperante, il Cavaliere oppone una conoscenza essenziale ma salda dei principi della dottrina religiosa e una pratica in cui la preghiera e la meditazione della Parola, il ritiro e la frequenza ai sacramenti occupano il posto che loro compete.

Alla lettura falsata della storia imposta dal regime risponde coltivando assiduamente una controinformazione qualificata e veritiera. E se, un tempo, lo studio non faceva parte dei doveri del Cavaliere, oggi conoscere la strategia di lotta messa in atto dal Nemico, che è anche lotta culturale, è divenuto un suo preciso dovere. 

Tra i Cavalieri, chi è in grado di offrire una testimonianza culturale è tenuto a farlo per amore della verità e della giustizia che ha giurato di servire. «Dar da mangiare agli affamati» oggi significa anche colmare i vuoti di conoscenza creati ad arte per asservire le coscienze al programma di azzeramento della conoscenza religiosa, il quale prelude alla parte finale del progetto globale: l’instaurazione della contro-religione: il regno dell’Anticristo.

Il Cavaliere che non è in grado di offrire questa testimonianza culturale, seguirà il proprio cammino ubbidendo fedelmente a chi può servirgli da guida. L’ubbidienza è infinitamente più preziosa della cultura.

Alla volgarità imperante il Cavaliere oppone la gentilezza del cuore e la nobiltà del sentire e dell’agire coltivando la propria anima e la propria mente alla ricerca della bellezza, dell’equilibrio e dell’armonia. E cercherà equilibrio e armonia anche nella gestione del proprio corpo rendendolo strumento docile, forte e atto alla battaglia. La Via della Cavalleria inizia con la rinuncia al possesso esclusivo della propria persona. Il Cavaliere applicherà al proprio corpo la medesima cura che ha per la propria spada mantenendola affilata ed esente da ruggine.

La mistica del Graal

Fine ultimo della Cavalleria è tramutare il cuore del Cavaliere nella mistica coppa del Graal che custodisce il mistero redentore del sacrificio del Figlio dell’Uomo. La virtù di quel Sangue Regale – Sangreal – trasformerà la terra desolata nel giardino fiorito dell’Impero secondo verità e giustizia, prefigurazione del Regno di Dio.

Nella natura del guerriero non agisce solo il potere distruttore del fuoco e dell’uragano: in essa agisce l’energia inesausta della primavera che rinnova la faccia della terra. E solo chi ha la primavera nel cuore potrà cospargere il mondo di fiori.

La rosa profuma perché è rosa. L’usignolo canta perché è usignolo. Così è perché Dio ha voluto che così sia avendo permeato la natura umana della sua natura divina.

Miles

La meditazione di queste pagine, dunque, aiuterà a scoprire se, in chi legge, esiste la vocazione che fa essere Miles. E, se esiste, si dovrà chiedere a Dio la forza per seguirla. 

Parole e intenzioni non creano la vocazione, che consiste sempre e comunque in una chiamata dall’alto, ma possono ridestarne la latente presenza. Ogni vocazione, infatti, sottintende un carisma e ogni carisma è un dono gratuito di Dio.

Le parole sono solo un richiamo. Quando sono vere, esse racchiudono la scintilla che ridesta il fuoco occulto nel legno e fa sì che la fiamma divampi e s’innalzi, chiara e vittoriosa, nella notte.