È interessante constatare come il pensiero di una parte della Chiesa cattolica costituita da clero e laicato organizzato, sia in tutto e per tutto conforme al progressismo culturale e politico, nonché prono al diktat mondialista. Cosa è accaduto? Per quale ragione un pensiero che cattolico non è ha potuto attraversare tutto il cosiddetto “mondo cattolico”, sino ad essere incarnato tanto dalle più alte gerarchie (Papa Francesco ne è spesso l’esempio parossistico) ecclesiastiche, quanto dai laici che coadiuvano l’opera dei sacerdoti nelle parrocchie?
Sino a Papa Pio XII (1939 – 1958), la Chiesa cattolica ha combattuto contro il mondo moderno, vedendo in esso l’espressione del rifiuto di Dio e del Suo Ordine. Una contrapposizione esplicitamente scoppiata con la Rivoluzione Francese (1789) e proseguita sino a tutto il pontificato di Pio XII.
Con l’elezione al soglio di Pietro di Angelo Roncalli, Papa Giovanni XXIII (1958 – 1963), si avvia ufficialmente la svolta nei rapporti della Chiesa con il mondo moderno e le sue espressioni culturali, politiche e sociali. Il pontificato di Giovanni XXIII rappresenta la cessazione dell’ostilità della Chiesa nei confronti della modernità, intesa come volontà di emancipazione dell’uomo da Dio. Guardare a ciò che unisce e non a ciò che divide, è il criterio posto alla base del nuovo corso di conciliazione della Chiesa col mondo moderno.
Nuovo corso, ovviamente, ben accolto dal laicismo nelle sue varie forme – da quello liberale a quello comunista – tanto che al papa suo artefice venne riservato l’appellativo di “Papa buono”, proprio a significare il giudizio favorevole espresso nei suoi confronti da tutto quel mondo indifferente, quando non apertamente ostile, alla Fede. Una formula volta a promuovere nell’immaginario collettivo di tutti, cattolici e non, l’idea che il papa è buono se va d’accordo col “mondo”. Altrimenti è retrogrado, oscurantista e oppressore.
Angelo Roncalli fu colui che diede inizio al cambio di rotta della Chiesa nei rapporti con la modernità, anche attraverso la convocazione di un Concilio – il Vaticano II (1962-1965) – da alcuni interpretato come l’inizio di una nuova era della Chiesa; addirittura la nascita di una nuova Chiesa, radicalmente diversa da quella del passato (bollata come reazionaria, autoritaria, negativamente condizionata dalla filosofia e dalla teologia di San Tommaso d’Aquino) e felicemente dialogante con la modernità.
Svolta per la quale si è resa necessaria una mutazione del paradigma filosofico e teologico: dalla Scolastica e da San Tommaso d’Aquino alla filosofia soggettivista e all’idealismo. Del resto, se si vuole dialogare per andare d’accordo, è necessario parlare lo stesso linguaggio ed evitare lo scontro. Soltanto che l’abbandono del pensiero e del linguaggio classici della Chiesa – il tomismo e la Scolastica – e l’assunzione delle categorie e del linguaggio della modernità hanno prodotto il risultato di impiantare nella Chiesa e tra i cattolici un pensiero non cattolico, che si manifesta nell’ambiguità di molte dichiarazioni ed atti espressi ad ogni livello dalla gerarchia cattolica, nell’aperto sostegno al progressismo politico e nell’esplicita eresia di alcuni dei più sfacciati apologeti dell’abbraccio col mondo moderno.