Dopo un’attenta “survey”[1] del fenomeno ISIS/DAIISH[2] e, come si dice in gergo militare, averlo “acquisito” (nel senso di aver fatto propri tutti i dati necessari a valutare le potenzialità della minaccia che ci viene lanciata con insistenza dai siti internet dell’Islam jihadista – “la bandiera nera sventolerà su San Pietro”), proviamo a focalizzate l’attenzione sul rischio che ne deriva e che tanto ci preoccupa e vediamo di avanzare qualche previsione/ipotesi.
Punto primo.
Le oggettive potenzialità operative, il disegno strategico, i canali di approvvigionamento in uomini, mezzi e materiali, e i canali di finanziamento (spesso opportunamente dissimulati dietro organizzazioni non governative islamiche di beneficenza), ci dicono che la preoccupazione del settore sicurezza per la presenza di ISIS/DAIISH nel ridosso sud della nostra ex “quarta sponda” (Sahelo-Sahara libico e algerino), non solo non è infondata, ma va attentamente controllata anche in relazione con l’attività degli scafisti e delle navi ONG le quali, senza averne probabilmente esatta contezza, sono suscettibili di diventare i “sorgitori”[3] secondari di un qualsiasi gruppo jihadista intenzionato a condurre un attacco a fuoco contro i bagnanti di una spiaggia (come avvenuto in quella tunisina di Sousse nell’estate del 2015), oppure contro un approdo portuale, oppure contro un villaggio turistico. Questione di seminare terrore allo scopo di:
- marcare il territorio e non farsi dimenticare (ciò fa presupporre una ripetitività delle azioni);
- tenere sul chi vive l’odiato infedele, noi, inducendolo ad un dispendioso sforzo di Security;
- «Rinforzire il fiele amaro» (uso un termine dannunziano) del revanscismo e rinverdire l’orgoglio dell’Islamismo militante.
Punto secondo.
L’Islam “integralista” o “radicale” o, meglio ancora, “intollerante” (secondo l’azzeccata definizione del sovrano marocchino Mohammed VI, re di un paese che non lesina risorse per contrastarlo), portato avanti con le armi da ISIS/DAIISH e con il supporto logistico e finanziario da parte di quelle organizzazioni, statuali o meno, che in maniera palese o occulta lo sostengono, prevede l’applicazione della Da’wa[4] e, laddove la Da’wa non attecchisse, del jihad[5]. Quell’Islam lì ha pretese universali ed esprime quindi una vigorosa spinta ideologica saldata con quella religiosa; in parole povere, quello che spinge i militanti dediti alla Da’wa e i jihadisti dediti al kalashnikov o all’arma bianca o al camion, non è più solo la convinzione di dover estendere al mondo l’unica religione suscettibile di migliorarlo, ma anche una forte convinzione ideologica basata su tre cardini essenziali, direi identitari:
- il revanscismo per i torti subiti dalle popolazioni musulmane;
- la nostra continua messa in mora per le colpe del passato;
- il forte complesso di superiorità morale a fronte di una società, la nostra, ritenuta indegna.
Punto terzo.
ISIS/DAIISH, sorto quasi all’improvviso, guarda caso proprio a seguito del diniego della Siria al passaggio sul proprio territorio di una pipe-line di gas qatarino[6] verso la Turchia, potrebbe essere un effetto collaterale e probabilmente imprevisto del business dell’energia.
È evidente però che, anche se si tratta di un “effetto collaterale”, questo è dilagato e, a naso, mi sembra destinato a procrastinarsi almeno fino a quando i principali attori (in primo luogo, gli stati del Golfo e la setta dei Fratelli musulmani[7] che patrocinano l’islam “intollerante”),non avranno posto rimedio allo squilibrio che ha generato quell’effetto collaterale, e che non è limitato solo a quella pipe-line negata, ma è determinato da due fattori geostrategici rimasti insoluti:
- l’annosa questione israelo-palestinese, che alimenta e autogiustifica tutte le incazzature passate, presenti e future del mondo arabo-islamico contro Israele e contro l’Occidente in generale;
- il disegno di Lebensraum[8] religioso, insito nella religione islamica, portato avanti dalla Fratellanza musulmana in direzione di quei paesi del mondo arabo-islamico del Mashrek e del Maghreb[9] da “re-islamizzare”, in quanto l’Islam ivi professato è considerato troppo annacquato dalla speculazione sufi antitetica all’Islam wahhabita e della fratellanza musulmana. A questo miravano le cosiddette “Primavere arabe” che hanno investito Egitto, Siria, Libia, Tunisia e che non sono comunque riuscite ad attecchire nei paesi cardine dell’Islam “tollerante” (la Giordania nel Mashrek e il Marocco nel Maghreb).
La tattica usata nei confronti dei paesi musulmani «tiepidi» del Mashrek e del Maghreb, è semplice: tenerli sulla corda con una continua minaccia di attentati e un costante tentativo di infiltrazione di imam radicali, che costringe quei paesi ad un notevole sforzo economico per contrastare tale minaccia.
Punto quarto
Va da sé che il Lebensraum religioso dell’Islam radicale è mirato anche all’Europa, in cui la tattica applicata prevede:
- Tranquillizzare le popolazioni europee ricorrendo alla takiya[10] (ossia, l’Islam è una religione di pace che si basa su 5 innocui pilastri) e propugnando la creazione di partiti islamici, facendoli passare per una sorta di DC musulmana (errore madornale: qualsiasi partito islamico è un partito totalmente confessionale, orientato a cancellare tutti gli altri);
- Insistere con la Da’wa all’indirizzo delle comunità islamiche incistate in Europa;
- Ricorrere ogni tanto ad attentati jihadisti per tenere sulla corda la popolazione europea e contemporaneamente catalizzare il revanscismo delle comunità islamiche.
Punto quinto.
L’equilibrio sarà in parte ristabilito solo quando quegli attori avranno riacquistato il controllo di quel complesso gioco finanziario/energetico/religioso andato sostanzialmente fallito (ma non è detta l’ultima parola) con l’insuccesso delle Primavere arabe e la sconfitta di ISIS/DAIISH (prevalentemente ad opera della Russia).
Punto sesto.
Tuttavia, se è vero che le Primavere arabe hanno fallito e che ISIS/DAIISH è stato sconfitto, è altrettanto vero che quelle Primavere hanno lasciato non pochi strascichi in quelle nazioni ove hanno imperversato e che lo sconfitto ISIS/DAIISH ha solo sbaraccato dallo Sham[11] e si è trasferito nel Sahelo-Sahara, spostando verso ovest il baricentro del jihad.
Ed è altrettanto vero che l’attività di Da’wa e jihad è stata avviata su ampia scala ed è destinata a protrarsi in ossequio al Lebensraum religioso, che costituisce il punto cardine del chiodo fisso dell’islamismo militante wahhabita e della Fratellanza musulmana. In tale contesto, assume una valenza non trascurabile un’ulteriore futuribile opportunità di business: quello delle risorse idriche, basti pensare alle fonti del Giordano sul Golan (controllato da Israele), al bacino dei fiumi Tigri ed Eufrate, e al Nilo.
Punto settimo.
Sorge un pressante interrogativo: dobbiamo dunque preoccuparci per quel gioco geostrategico finanziario/energetico/religioso, alla cui base sta il Lebensraum spirituale connaturato all’islamismo d’ispirazione shari’atica e jihadista, di cui ISIS/DAIISH è il braccio armato, la confraternita dei Fratelli musulmani ne è la base ideologica e le monarchie del Golfo (nostre “alleate”) la fonte di finanziamento?
Punto ottavo.
Direi proprio di sì! Dobbiamo preoccuparci soprattutto perché l’islamismo militante di stampo wahhabita e della Fratellanza musulmana dispone di ingenti mezzi finanziari ed energetici, e anche di “capability” militari, stante l’esperienza nella guerra asimmetrica maturata da ISIS/DAIISH e la presenza di un braccio sempre più armato rappresentato dalla Turchia di Erdogan che dispone di un potente esercito (paradosso dei paradossi, organico alla NATO) e di una rinnovata e potenziata marina militare che incrocia ora nel Mediterraneo, come ai tempi della battaglia di Lepanto (1571), in compagnia della pirateria moresca fedele alla Sublime Porta. Dalla sconfitta di Lepanto in poi il patron della pirateria moresca, il temibile Dragut, si è ritirato nei porti tra il sud della Tunisia e il nord della Libia e la pirateria moresca nel Mediterraneo è andata spegnendosi. Tuttavia, gli scafisti potrebbero, in salsa diversa, rinverdire quei fasti.
Punto nono.
Però secondo la saggia logica del festina lentae (affrettati lentamente), è bene non precipitare le cose e mantenersi freddamente realisti. Osservare, “acquisire” (informazioni), prevedere e infine prevenire: è la logica della Sicurezza.
Il potenziale militare di chi, dai social islamisti, minaccia di issare la nera bandiera dell’Islam su San Pietro, non è così pericoloso e la Turchia, proprio perché inserita in seno alla NATO, non può fare quello che vorrebbe il suo leader islamista militante Erdogan: accelerare l’islamizzazione dell’orbe partendo dal Maghreb e dall’Europa.
Tuttavia, dobbiamo prepararci sia ad un profluvio di propaganda mortifera lanciato dai social islamisti e sostenuto da poco rassicuranti iniziative sottotraccia di Erdogan (vedi i proclami suprematisti islamici lanciati all’indirizzo della comunità turca in Germania), suscettibile di intaccare il morale della popolazione occidentale, poco avvezza al coraggio (specie nei suoi responsabili), sia ad un “goccia a goccia” di attacchi, prevalentemente con armi bianche e da fuoco, e camion sulla folla, comunque mitigabili dall’attività preventiva degli OO.II.SS. e da quella operativa/repressiva delle nostre Forze dell’Ordine, entrambe strutture di sicurezza ormai rotte al contrasto del terrorismo jihadista.
Punto decimo.
Adesso, ISIS/DAIISH si è trasferita nel Sahelo-Sahara nell’intento di coagulare intorno a sé i vari gruppi jihadisti algerini, tunisini, libici al fine di:
- minacciare direttamente i paesi del Maghreb in cui si professa un Islam “tollerante”;
- fare della Libia e dalla Tunisia dei “sorgitori” per minacciare direttamente anche noi con attacchi costieri, nella tradizione della pirateria moresca;
- islamizzare il laico Polisario, ormai negletto dall’Algeria e in cerca di una identità;
- dopo aver stabilito accordi/intese col nigeriano Boko Haram, realizzare una sorta di muslim land che dall’Atlantico, lungo la fascia Sahelo-Sahariana, raggiunge l’Oceano Indiano ricongiungendosi con il gruppo jihadista somalo Al Shabab.
Ambiziosetto come progetto? Si, ma non dimentichiamo che era ambizioso anche il progetto di realizzare un’entità statuale jihadista, come per alcuni anni è stata realizzata nello Sham… dallo Sham quella entità statuale ha sbaraccato e si è installata e si sta consolidando nel Sahelo-Sahara, a due passi da noi. Conviene prendere atto di questa minaccia ed agire di conseguenza per mitigarne il rischio.
I nostri OO.II.SS. stanno sicuramente già facendo il loro dovere e così pure le nostre Forze dell’Ordine e, compatibilmente con i legacci normativi, l’ignavia e l’ignoranza dei nostri politici, quella minaccia è tenuta sotto controllo e il rischio che ne deriva è mitigato, ma è opportuno che la popolazione tutta si renda conto di quanto sta bollendo in pentola.
[1] Termine tecnico della Security per indicare l’azione dell’attenta sorveglianza, suscettibile di fornire un quadro di situazione il più realistico possibile.
[2] ISIS = Islamic State of Iraq and Syria è la versione inglese di DAIISH: Dawliya Arabiya Islamiya fi Iraq wa Shamm (internazionale arabo islamica nell’Iraq e nello Sham –regione storica comprendente nord Iraq e sud Siria).
[3] In gergo militare il “sorgitore” è la base di partenza di un team destinato a condurre operazioni in territorio nemico.
[4] Da’wa = predicazione plagiante
[5] Jihad = sforzo bellico teso a affermare e consolidare la Shari’a (la «retta via» secondo i canoni del Corano)
[6] il Qatar è la nazione sponsor ufficiale della setta dei Fratelli Musulmani, un movimento integralista islamico che persegue la pedissequa applicazione della Shari’a.
[7] È vero che attualmente è in atto una resa dei conti (in arabo fitna) tutta in ambito sunnita, che vede contrapposti per interessi geostrategici due istanze dell’Islam “intollerante”: quella wahhabita, facente capo alla famiglia reale Saudita, e quella della Fratellanza musulmana, capitanata dal Qatar, che ha eletto a patrocinatore Erdogan.
[8] Lebensraum = tendenza ad ampliare lo spazio vitale di una nazione.
[9] Il Mashrek equivale al nostro Medio-Oriente, mentre il Maghreb si identifica con la triade Marocco, Algeria, Tunisia.
[10] Takiya = dissimulazione (si tratta di una sorta di pilastro autorizzato in funzione del jihad).
[11] Sham = regione mediorientale compresa tra Siria e Iraq, dal valore storico/simbolico molto elevato