Oggi, sabato 3 ottobre, è stata fissata a Catania l’udienza preliminare per il segretario federale della Lega, sen. Matteo Salvini, in merito al caso della nave Gregoretti.
Com’è noto, il Senato della Repubblica, secondo la procedura di cui alla legge costituzionale n. 1/1989, ha autorizzato a procedere nei confronti dell’ex Ministro dell’Interno per il reato di sequestro di persona plurimo e aggravato, rispetto a cui la Procura distrettuale della Repubblica di Catania aveva in un primo momento – è bene non dimenticarlo – chiesto l’archiviazione.
Ora, al di là del fatto che Palazzo Madama, ed in particolare il Movimento 5 Stelle, ha dimostrato un’immaturità ed una mediocrità politica senza precedenti (i risultati elettorali dei pentastellati lo certificano in modo chiaro), non si ravvisa alcun requisito volto a perfezionare la fattispecie delittuosa di cui sopra.
Primo: se c’è stato sequestro di persona, come mai la polizia non è salita a bordo della Gregoretti per “liberare gli ostaggi”?
Secondo: la Convenzione di Montego Bay del 1982, resa esecutiva con la legge ordinaria dello Stato del 2 dicembre 1994, n. 689, all’art. 19, paragrafo 2, consente agli Stati costieri di precludere l’accesso alle proprie acque territoriali, e di conseguenza lo sbarco, quando il passaggio di una nave (a prescindere che sia o meno della Guardia costiera) sia ritenuto offensivo. Questo è tale qualora le persone a bordo non possiedano titolo per entrare nel territorio nazionale, o possano porre problemi di ordine pubblico o di natura sanitaria.
In questo secondo caso si tratta di una valutazione discrezionale dello Stato attraverso i suoi organi. Pertanto, invocare il decreto-legge 14 giugno 2019, n 53 (c.d. Decreto sicurezza bis), convertito con modificazioni, nella legge formale 08 agosto 2019, n. 77, che esclude dal divieto di ingresso i navigli militari, non è corretto. Alla luce delle sentenze “gemelle” n. 348 e n. 349 del 2007 della Corte costituzionale, esso deve essere interpretato conformemente alla legge n. 689/1994, che recepisce un trattato internazionale.
Terzo: non sussiste né l’elemento oggettivo del reato, ossia l’adozione di misure coercitive sul corpo per privare la libertà personale, né quello soggettivo, cioè il dolo generico consistente nella coscienza e nella volontà di privare le persone a bordo del loro status libertatis.
Deve, dunque, escludersi la configurabilità del reato di sequestro di persona ex art. 605 c.p. quando, come ha precisato la giurisprudenza penale, la condotta, anche se oggettivamente illegittima, sia soggettivamente contrassegnata dalla finalità di realizzare l’esercizio di un potere di cui il soggetto agente è legittimamente investito (cfr. Cass. pen., sez. VI, sentenza 10 gennaio 2003, n. 502).
Quarto: l’Italia, attraverso il suo Ministro dell’Interno, non solo ha fatto scendere i minori e coloro i quali avevano bisogno di cure mediche, ma ha assicurato sempre e costantemente assistenza alimentare e sanitaria.
Quinto: non sono venuti mai meno gli obblighi internazionali dell’Italia. Il doveroso soccorso in mare e l’individuazione di un porto sicuro non implicano anche un obbligo immediato di sbarco. Né c’é stato alcun respingimento, vietato dalla Convenzione di Ginevra del 1950, in quanto era in corso una trattativa, su base volontaria, con altri Stati membri dell’Unione Europea per la ricollocazione dei migranti.
Da ultimo, non si può neppure sostenere che l’Italia abbia precluso l’esercizio del diritto di asilo, costituzionalmente tutelato dall’art. 10, dal momento che era necessario preliminarmente procedere all’identificazione dei migranti.
La maggior parte dei magistrati è seria e preparata, anche se, per alcuni, l’esibizionismo giudiziario è una tentazione costante nella quale è troppo facile cadere.