La nostra Marina Militare è una delle più performanti tra quelle che incrociano nel Mediterraneo.
Le nostre Forze Speciali d’Assalto sono efficaci e fresche di esperienze operative maturate in teatri particolarmente difficili (vedi l’Afghanistan).
Eppure non difendiamo né i nostri interessi né i nostri connazionali:
- le navi di Erdogan spadroneggiano indisturbate nel Mediterraneo minacciando l’Eni e i nostri interessi energetici;
- un Generale, inefficiente e traditore, quale Khalifa Haftar, ci sequestra un peschereccio e, per rilasciare barca ed equipaggio, intima la liberazione di 4 scafisti condannati con sentenza già passata in giudicato dalla nostra magistratura.
E l’Italia, questa Italia ridotta a italietta, che fa?
Fa finta di nulla, lasciando intendere che sta lavorando sotto sotto. Della serie: «Lasciatece lavorà, che ve famo vedé noi».
Quel che c’è da «vedé» già lo abbiamo visto, e vuoi vedere che anche questa volta:
- stipuleremo agreement favorevoli al fratellino musulmano Erdogan?
- sganceremo soldi a Haftar promettendogli anche che i suoi 4 scafisti verranno rilasciati appena le luci della ribalta saranno spente?
Non è questione di Realpolitik, e meno ancora di «Stiamo tranquilli, teniamo un profilo basso perché la diplomazia sta lavorando i fianchi di Erdogan e i Servizi quelli di Haftar».
Anche no! Niente di tutto questo perché:
- a Erdogan della nostra diplomazia non importa sostanzialmente nulla;
- i nostri Servizi, seppur molto efficienti, necessitano di tempo per ridurre a più miti consigli quel generalotto, pedina di altri sui quali, a causa della nostra insipienza in politica internazionale, non abbiamo influenza.
No! Niente di tutto questo, troppe volte abbiamo pagato e calato le braghe, ora è una questione di dignità.
Se un despota ottomano imperversa per il Mediterraneo, volendo dimostrare che lui lì ormai è il padrone – e solo una nave militare greca gli tiene testa, inanellando manovre da speronamento contro una nave militare turca troppo “ardita”, e se solo il presidente francese Macron invia una nave da guerra per contrastare la flotta del ras ottomano – più che mai risulta scandalosa l’assenza dell’Italia, che in quel mare, più di tutti, è immersa per geografia e per storia.
Se un capetto libico si permette di sequestrare un nostro peschereccio con 12 nostri marinai e l’Italia, disponendo delle migliori tra le Forze Speciali del mondo, non va a riprenderseli con un colpo di mano e poi, a futuro monito, non lascia alcune navi della sua flotta ad incrociare al largo delle coste libiche, dove quel capetto ha il suo quartier generale, significa dire al mondo intero che l’Italia, nel Mediterraneo, non c’è più, si è «svampata» come direbbe un noto comico di Zelig: il palcoscenico più adatto alla nostra classe dirigente.
E purtroppo penso sia proprio così. La vicenda che vede quel personaggio da operetta che è Haftar imporci quel baratto – «I vostri 12 pescatori contro i miei 4 scafisti» – e la conseguente reazione infingarda del nostro governicchio, anch’esso da operetta, sta proprio a significare che chiunque, financo gli scafisti, può metterci impunemente in scacco.
Che diamine, Italia in piedi, bandiere al vento!