“Strage di Stato”, si legge nella motivazione della sentenza che ha condannato Cavallini per l’attentato alla stazione di Bologna; altro che “spontaneisti”, proclama il giudice estensore delle 2100 pagine di questo nuovo capitolo processuale, Fioravanti & C. erano soggetti inseriti in una struttura più ampia, in un complotto ordito da pezzi dello Stato.
Storia vecchia quella della “strage di Stato” che, nella vulgata della sinistra, significa in realtà strage anticomunista, ossia voluta da apparati “conservatori” – NATO, Gladio, uomini dei Servizi, P2, dirigenti politici che vanno dal MSI alla DC e compagnia cantante – che hanno utilizzato manovalanza fascista per impedire, attraverso le stragi, l’avanzata delle forze progressiste alla guida della nazione.
Naturalmente, nessuno è mai riuscito a spiegare in quale modo far saltare treni e stazioni avrebbe potuto far abortire quel determinismo storico – forse la fallita scalata al potere delle sinistre negli anni del dopoguerra dipendeva dal fatto che il Paese non lo voleva – ma questi sono particolari di nessun rilievo. La tecnica disinformativa ha infatti i suoi già collaudati criteri: si indicano fatti veri – l’esistenza della Nato, di Gladio, della P2 – poi si collegano ad eventi altrettanto veri, gli attentati e il fatto che l’Italia non è stata governata dalla sinistra. Quel che dovrebbe legarli, ossia il rapporto di causa-effetto, è sostituito da un assioma, magari ripetuto come un mantra a mo’ di slogan, e il gioco è fatto.
Ma, vi chiederete voi: che senso ha mantenere questo teorema fino ai giorni nostri, visto che dalla stagione delle stragi è passato ormai mezzo secolo ? Che vantaggi può avere la sinistra di oggi, morto il PCI, morta la DC, morta la P2, morto quel mondo, quell’atmosfera, invecchiate quelle generazioni, a pretendere di imporre un siffatto dogma?
Ricordiamoci di Orwell e dello slogan del Partito: chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il futuro. La ricostruzione storica che si sta cercando di far passare attraverso la via giudiziaria è quella di un mondo ingiusto dove il PCI, combattuto da uno Stato che in realtà era un anti-stato perché usava l’illegalità, era dalla parte del Bene, del Giusto. Era la vittima delle forze che combattevano il progresso; entriamo in pieno nella loro dialettica: sfruttato /sfruttatore; repressione / diritti; giustizia / ingiustizia; reazione / libertà; termini che sapevano – e sanno – manipolare con spregiudicata abilità grazie alla loro neo-lingua.
Questo schema è già metabolizzato da molti, è trasversale grazie anche alla assenza di chi dovrebbe contrastarlo – in nome della Verità, vivaddio – ma anche dei propri interessi politici, che però a destra non hanno ancora colto, trincerati come sono nella sindrome dell’altrui accettazione.
Lo ritroveremo stampato sui libri di scuola, quello schema. Passerà come verità indiscutibile e sarà sfruttato dalla sinistra di oggi come una clava; le stragi fasciste/anticomuniste/di Stato sono il gerovital per l’antifascismo eterno; ci si è campato di rendita per settant’anni, vuoi dire che non si può continuare?
E quel che non riescono a digerire lo sputano. Com’è accaduto alla maschera facciale di “Ignota 86” che non si poteva fare a meno di tralasciare, ma che in questa soave “dialettica processuale” – che finisce per risucchiare anche utili idioti – viene trattata col silenzio perché non si riesce altrimenti a giustificarne la presenza.
Esattamente come quel ritaglio di giornale che Winston Smith, addetto al Ministero della Verità, ritrovò e che era in grado di dimostrare la menzogna del Partito.
<< Senza che Winston potesse vederla, la fragile striscia di carta fluttuò per un attimo, trasportata dalla corrente d’aria calda, poi svanì in una vampa di fiamma. O’Brien volse le spalle al muro e riprese il suo posto. “Ceneri – disse – e per giunta ceneri che non è possibile identificare. Polvere. La fotografia non esiste. Non è mai esistita”. >>